14 ottobre 2013

arredare gli interni urbani




Prima di descrivere l'interno urbano è opportuno concordare su alcune definizioni. L’interno architettonico non è meramente ciò che è dentro l'involucro murario, non è cioè uno spazio chiuso, contenuto e delimitato, esso è piuttosto un luogo capace di accogliere i principi di difesa e intimità, l'affermazione dell'istinto primario di conservazione e protezione dell'uomo, è quindi un’estensione dell’essere, la dimensione materiale dei suoi desideri.
L’interno più che percepibile sensorialmente è un ambito culturalmente riconoscibile, spazio significante attraverso il quale capire il mondo e mostrarsi ad esso.
Uno spazio può pertanto definirsi “interno architettonico” non perché chiuso o perimetrato, quanto piuttosto se portatore dei sensi di riparo, privatizzazione e protezione, accoglienza e condivisione.
Comparativo e superlativo dell'aggettivo “interno” sono infatti “interiore” e “intimo”, il che fa comprendere, anche da un punto di vista lessicale, che progettare l'interno significa definire gli aspetti psicologici, personali, emozionali e culturali dell'abitare.
Coerentemente, l'interno urbano non ha bisogno di particolari definizioni capaci di assolvere l'apparente contraddizione tra ciò che è “dentro” o “fuori” l'involucro architettonico: interni nel tessuto urbano sono quegli ambiti capaci di ispirare principi di intimità, valori di appartenenza al luogo, culturalmente condivisi.
L'interno urbano è uno spazio relazionale, luogo di scambio, comunicazione ed espressione, dove riconoscersi e farsi conoscere; è quindi uno spazio sociale portatore di valori individuali, ovvero uno spazio intimo espressione dell'idea di collettività.
Ciò che permette di usare gli spazi dell'architettura sono i sistemi arredativi. Arredare significa infatti rendere agevole l’uso dello spazio, dotarlo spazio di attrezzature, strumenti, utensili necessari allo svolgimento delle attività umane e al soddisfacimento dei bisogni, bisogni non solo primari, ma anche psicologici, rappresentativi e di identificazione con l’ambiente costruito.
Per analogia “arredo urbano” non è solo l'insieme delle strutture che permettono di svolgere, negli spazi della città, determinate funzioni, quanto piuttosto tutto ciò che è in grado di corroborare i valori ed i sensi propri degli interni urbani, che permette cioè di dare forma alle relazioni tra uomo e spazio, tra uomo ed uomo, tra spazio e spazio.
Ciò che tali definizioni vogliono affermare è che gli elementi tipici dell'arredo urbano non sono pensati solo per assolvere i bisogni espressi dagli utenti quanto per materializzare i principi e i comportamenti a tali bisogni sottintesi: una panchina non è solo uno strumento dove sedersi ma uno spazio minimo dove raccogliersi singolarmente ovvero dove costruire una fugace intimità con altri fruitori del luogo.
Non solo, così come l'arredamento non è una prassi progettuale distinta o autonoma rispetto al progetto di architettura, anzi ne è l'aspetto più intimo e dettagliato - la forma dell'abitare - di cui tenere in conto già nella fase primitiva di ideazione, così l'arredo urbano non può essere considerato altro dall'idea di impianto della città e di uso e senso dei luoghi collettivi.
La posizione, la dimensione, il materiale, così come le logiche compositive, morfologiche, linguistiche, devono discendere, per continuità o discontinuità, dalla trama del tessuto viario, dalle texture dei materiali, dall'ordine dei volumi e delle strutture di cui sono parte integrante.
Secondo tale impostazione è evidente che progettare gli interventi necessari all'uso degli spazi dei centri storici significa, da un lato, capirne la storia, la stratificazione, le modificazioni, dall'altro, valutarne l'uso odierno e i sensi di cui esso è portatore nella contemporaneità.
Solo così è possibile rifuggire da ogni deriva stilistica del passato, dalla sovrapposizione di parti autonome, e giungere un una valutazione di integrazione coerente di parti contemporanee frutto di una rilettura attenta dei valori della storia.