cos'è architettura & co.

architettura & co. è stato pensato da paolo giardiello per mettere a disposizione di tutti, in particolare dei suoi studenti, i propri scritti, ricerche e riflessioni sull'architettura. il blog contiene testi pubblicati, versioni integrali di saggi poi ridotti per motivi editoriali, scritti inediti o anche solo riflessioni e spunti di ricerche. per questo non ha un ordine determinato, non segue un filo logico, ma rappresenta solo la sequenza temporale di occasioni in cui parlare di architettura, prima di farla "parlare", come invece dovrebbe, normalmente, essere.

03 settembre 2010

Scrivere lo spazio. La narrazione artistica dei luoghi nell'opera di Gordon Young


Grazie al linguaggio scritto si può comunicare una storia, raccontare un evento, condividere un desiderio, protestare o inneggiare, condannare o assolvere. La forza della scrittura è tale che la letteratura, la critica, il resoconto degli avvenimenti possono addirittura modificare l'andamento delle vite di ognuno di noi. Talvolta ciò che è scritto è poesia, è espressione artistica, più raramente l'arte è scrittura, cioè assume il segno della parola sia come forma del contenuto, sia come valore estetico dell'aspetto formale della parola stessa.
Gordon Young fa arte con le parole. Usa parole, frasi e testi per penetrare dentro il duplice valore del segno linguistico: contenuto e forma, significato e significante vengono entrambi utilizzati dall'artista, estrapolati dal contesto usuale, modificati in misura e materiali, in modo che possano entrare in contatto con i fruitori come entità espressive nuove, pur se cariche di memoria e di consuetudine.
Il lavoro di Young però va oltre, l'arte da lui pensata e realizzata si espande al di là degli ambiti consueti a cui è destinata, entra in contatto con i luoghi di svolgimento della vita, li invade e li modifica inesorabilmente. L'opera dell'artista britannico consolida e attualizza lo storico rapporto tra arte e architettura, tra città e monumento, tra emergenza e contesto.
Ciò che maggiormente stupisce degli interventi artistici di Gordon Young - destinati ora a luoghi urbani, ora a spazi architettonici, ora ad ambienti naturali incontaminati - è proprio la capacità di proporre l'arte con una semplicità estrema, negli spazi di vita giornaliera, modificandoli e trasformandoli in un unico racconto emozionale e significante, riscattandoli dalle esigenze funzionali e segnandoli, per sempre, come percorsi della memoria, della riflessione, della conoscenza.
Questo utilizzando semplici segni, oggetti consueti e, soprattutto, parole. Parole presentate nella loro veste più nobile, attraverso la forma tipografica, esaltando cioè l'espressività dei caratteri, dei formati, dei colori, della disposizione e dell'organizzazione stessa dei testi.
In tal modo l'artista definisce e disegna luoghi senza gli strumenti dell'architettura, inventa spazi e li propone solo attraverso la descrizione del loro significato, ovvero di un significato aggiunto capace di chiarirne lo scopo e l'uso. Egli costruisce spazi non definendone margini, limiti, conformazione e articolazione, ma partendo direttamente dal loro contenuto, descrivendo, anzi scrivendo, la trama delle possibili aspirazioni di quel luogo mediante segni consueti proposti, però, in modi, posizioni e dimensioni inediti.
I suoi primi lavori, degli anni '90, rappresentano un momento in cui i segni tipografici appaiono discretamente insieme ad altre forme elementari e riconoscibili, semplici oggetti e materiali del quotidiano che si compongono per tracciare percorsi, individuare trame e connessioni nel tessuto urbano e nelle discontinuità tra le architetture.
E' alla fine di tale decennio, in particolare con la scalinata dedicata a Robert Burns (1998) e il memorial a Eric Morecambe (1999) che parole, texture, caratteri tipografici cominciano a prevalere su forme e oggetti e, soprattutto, è in questi lavori che l'opera di Young si lega indelebilmente alla morfologia e al trattamento materico dei luoghi urbani. Il suo è un lavoro che interviene sulle superfici e sugli oggetti propri della definizione degli spazi della città: pavimentazioni, panchine, muri e gradini; tutti elementi che normalmente appartengono ad una prassi costruttiva consueta, a tecniche e tecnologie tipiche non solo dell'architettura e degli spazi urbani ma addirittura dell'edilizia corrente. In tal modo, non solo assolve la scena dello spazio pubblico dalla banalità e dalla consuetudine, ma la rende significante attraverso la sovrapposizione di discorsi multipli che vanno a interagire con l'attenzione e la partecipazione dei fruitori.
Da un lato, infatti, i suoi interventi propongono e suggeriscono un'estetica della forma grafica della parola e del carattere tipografico, dall'altra invitano ad una riflessione sui significati di termini semplici che, visti in un contesto differente, o da soli, possono tornare ad evocare contenuti, messaggi o memorie al pari della madeleine di Proust.
I lavori più recenti di Young, a partire dal 2000, corrono su due binari paralleli, da un lato il recupero di una forma antica di iscrizioni e di scrittura che ripropongono il valore tradizionale delle parole e del messaggio impresso indelebilmente su pietre, tronchi e muri (Cursing Stone, 2001; Listening Stone, 2004; Drovers Stone, 2005; Wall of Wishes, 2007; Typographic Trees, 2009), dall'altro la trasfigurazione della forma dei caratteri in altro, lettere giganti che diventano sedute, parole immense che vengono usate come pareti da scalata, lunghi tappeti di nomi che accompagnano in maniera rituale i passanti (Walk of Art, 2002; A Flock of Word, 2003; Flag Map, 2003; Road to the Isles, 2004; POBL + Machines, 2006; Climbing Towers, 2006).
Tali modalità non sono alternative, sono due aspetti dello stesso atteggiamento culturale che è quello di vedere come, sia nella tradizione e nell'antichità - steli, iscrizioni e lapidi - sia nella contemporaneità - graffiti, insegne e pubblicità - , la parola abbia avuto un ruolo fondamentale e che solo il presente, con la sua sovraesposizione di segni e immagini, è giunto a spezzare l'unitarietà del segno proponendo, troppo spesso, forme vuote senza contenuto. Il recupero del valore semantico della parola e delle forme simboliche diventa per Young l'opportunità per ridiscutere anche i sensi degli spazi in cui l'uomo vive. Spazi che hanno subito la stessa perdita di valori della parola, spazi solo funzionali e risolutivi di bisogni e sempre meno narrativi e descrittivi della vita delle persone.
Il lavoro di Gordon Young non solo restituisce un senso civico al rapporto tra architettura, città e arte, ma soprattutto si pone come reazione all'oblio e alla banalità, come segnale culturale necessario ad attivare un rapporto partecipativo, attivo e propositivo tra l'uomo e l'ambiente in cui vive.