cos'è architettura & co.

architettura & co. è stato pensato da paolo giardiello per mettere a disposizione di tutti, in particolare dei suoi studenti, i propri scritti, ricerche e riflessioni sull'architettura. il blog contiene testi pubblicati, versioni integrali di saggi poi ridotti per motivi editoriali, scritti inediti o anche solo riflessioni e spunti di ricerche. per questo non ha un ordine determinato, non segue un filo logico, ma rappresenta solo la sequenza temporale di occasioni in cui parlare di architettura, prima di farla "parlare", come invece dovrebbe, normalmente, essere.

19 luglio 2018

i materiali del racconto



I più attenti e curiosi tra i visitatori del sito archeologico di Pompei, certamente sono quelli che si chiedono, perplessi, di fronte alle rovine degli edifici dell'antica città, la ragione per cui le strutture murarie realizzate con tanta cura e maestria – pareti in tufo con ricorsi in mattoni, in mattoni rossi e tufo giallo e grigio posto ad opus reticulatum, in pietra lavica e tufo giallo, in pietra calcarea bianca e vulcanica grigia – fossero celate alla vista da sistemi decorativi sovrapposti, da superfici in intonaco dipinto, da lastre di rivestimento in marmi preziosi, da stucchi a bassorilievo a loro volta ornati. La sapienza costruttiva di quelle popolazioni capaci di configurare manufatti complessi e articolati si palesa, infatti, nell'articolazione elegante e sofisticata delle strutture capaci di rappresentare, attraverso la corretta ed adeguata posa in opera dei materiali, un valore estetico derivante direttamente dalla tettonica, dalla descrizione dei comportamenti e della disposizione delle materie, dalla loro grana, colore e texture risultante dall'opportuno posizionamento. 
Tale palese “racconto” della costruzione, tuttavia, non è ritenuto, in tale contesto culturale, “degno” di essere lasciato alla vista, viene considerato un corpo “nudo” (da nascondere) privo dell'abito adeguato al ruolo o alla destinazione dell'edificio. Il significato espresso direttamente della tettonica non viene considerato sufficiente a trasmettere i valori della funzione, i sensi dell'abitare, di vivere in quegli spazi, tanto da dover ricorrere ad una sovrascrittura, ad una sovrapposizione di contenuti, alla esplicitazione di sensi attraverso la conformazione dell'apparato decorativo. Le pitture declinate nei diversi “stili pompeiani”, i rivestimenti in materiali preziosi quanto fragili e non idonei alla costruzione, hanno il ruolo di dichiarare un sistema di segni, un vero e proprio linguaggio, ritenuto più confacente ai significati di cui devono essere portatori.
Eppure, in molti casi, i sistemi decorativi sono comunque desunti dalla tettonica, non più reale ma sublimata, idealizzata e non compromessa con la statica ma usata solo come espressione di un contenuto, anche se attraverso un ordine soggiacente, veri e propri tracciati regolatori, comunque desunti dalla costruzione intesa come fare sapiente e non come mero calcolo strutturale.
La decorazione, nella sua accezione di valore aggiunto indispensabile, riscatta la sua forma e la sostanza con cui è concepita dalle incombenze materiali e diviene pura espressione di valori che, comunque, sono assimilabili alle ragioni prime dell'edificare gli spazi, coerentemente con le aspettative di vita dell'uomo. Le trame dei trattamenti superficiali, i colori delle materie, le texture derivanti dal disegno della disposizione delle singole parti, le componenti assurte a segni riconoscibili di uno stile codificato, non sono più soggette alla contingenza costitutiva ma esemplificano l'estrapolazione dei valori simbolici e rappresentativi dell'atto stesso del costruire, dell'edificare limiti materiali capaci di dare forma allo spazio proporzionato sulle esigenze fruitive e funzionali della società.
Il visitatore che tra 2000 anni visiterà un parco archeologico contenente il nostro presente, si troverà di fronte ad una situazione non dissimile da quella di Pompei. Anche la nostra contemporaneità diffusamente affida la rappresentazione dei contenuti a rivestimenti, a facciate sovrapposte a strutture del tutto indipendenti che definiscono l'aspetto esteriore, il vestito più adeguato dell'opera costruita, la cui struttura, non sempre, è paragonabile per qualità di materiali e manifattura a quelle prodotte nel passato, e molto spesso, invece, sono approssimative e di scarso valore, dettate solo dall'economia e dalla povertà dei sistemi edilizi più diffusi.
Analogamente, come nella prassi più professionale la struttura non è confrontabile con quella controllata da sapienze costruttive antiche, così anche il rivestimento stesso, la decorazione per definirla con maggiore precisione, non persegue più, a differenza di quella pompeiana portata ad esempio, l'intento di sublimare il racconto dei significati propri dell'opera, ma rappresenta solo una modesta ed essenziale posa in opera basata su standard edilizi diffusi quanto esclusivamente derivanti dalla loro tecnica costruttiva ed efficenza prestazionale.
L'abito sovrapposto, più che espressione mediata di contenuti reali, diviene, nel migliore dei casi, la manifestazione dell'adesione ad una moda e al gusto, spesso inconsapevole, del tempo. La trama e la disposizione delle parti componenti non hanno il fine di costruire un ordine e una capacità di proporzionare e misurare il manufatto, ovvero un linguaggio denso di segni significanti che elaborano un contenuto complesso capace di veicolare le ragioni stesse dell'opera, ma solo la configurazione di una forma ritenuta, per similitudine, riconoscibile e quindi capace di trasmettere un senso di appartenenza ad uno stile effimero e superficiale.
Le superfici che racchiudono lo spazio interno, così come quelle che definiscono l'esterno del contenitore architettonico, oltre il concetto di “prestazione” dell'involucro, dovrebbero farsi carico di rappresentare il sistema espressivo con cui veicolare i contenuti che derivano dalla attualizzazione e specificazione dei contenuti funzionali calati nelle dinamiche in divenire della società a cui sono destinati. La scelta dei materiali e della loro posa in opera, la disposizione degli stessi a costruire trame significanti, non dovrebbe essere dettata dalla contingenza, imposta da ragioni di capitolato o di efficienza, dovrebbe piuttosto produrre un sistema simbolico capace di configurare un linguaggio attuale quanto comprensibile, sostituendo i valori della contingenza strutturale e costruttiva e adeguandoli ai contenuti che l'uomo intende esprimere.
Altrimenti, se così non fosse, mentre noi apprendiamo dal nostro passato, studiando l'esistenza di uomini capaci di gestire perfettamente le tecniche ma di ritenerle, tuttavia, insufficienti a diventare forma espressiva dei luoghi da abitare, capaci di individuare i mezzi più elevati per comunicare il proprio tempo ricorrendo a contaminazioni con l'arte e l'artigianato, le generazioni che verranno invece, analizzando attentamente il nostro presente, dovranno dedurre che, in un tempo ricco di conoscenze e di controllo dei processi, pur se sensibili alla sostenibilità e ai consumi, pervasi da una attenzione al benessere fisico e alla salute, l'umanità aveva smesso di raccontarsi attraverso i luoghi in cui aveva scelto di vivere. Insomma che, dimentichi del passato, generazioni con a disposizione mezzi mai immaginati prima, non sentivano più il bisogno di comunicare, attraverso la forma del proprio habitat, le ragioni del loro essere e permanere nel mondo, attenendosi esclusivamente alla corretta esecuzione delle pratiche quotidiane. In definitiva che esseri intelligenti e dotati di cultura tecnologica non avevano più niente da raccontare su di sé, sulla propria vita, non avevano sogni a cui dare forma e, forse, avevano smesso di credere nella costruzione di un discorso condiviso e profondo sul significato di futuro.

exhibition



Il termine anglosassone exhibition si traduce in italiano con la parola esposizione, che deriva dalla radice latina del verbo exponere, esporre. L'esposizione, anche nel linguaggio comune, è sinonimo di mostra, fiera, rassegna, salone, non a caso le Esposizioni Universali erano i luoghi dove veniva mostrato il futuro, inteso come scoperte scientifiche, capacità tecnologiche, stili, mode e variazioni del gusto. 
Tale termine tuttavia, nella lingua italiana, ha altri significati di uso frequente: resoconto, descrizione; collocazione in vista; posizione rispetto ai punti cardinali; disposizione rispetto ad una fonte di energia; tempo in cui un materiale sensibile viene colpito dalla luce; ammontare dei debiti.
Come in un gioco di parole in cui incrociare i diversi significati, si vuole provare a dimostrare come tali contenuti differenti appartengano tutti al progetto di allestimento, utili a comprendere aspetti del mostrare e comunicare altrimenti dimenticati.
Resoconto
L'allestimento, per sua natura, è la forma costruita di un processo di comunicazione di un contenuto preciso, per cui il significato di “descrizione, narrazione, resoconto, testimonianza” ne evidenzia alcuni aspetti fondamentali: il suo essere un racconto con cui trasmettere un significato, la scelta dei significati stessi, la forma con cui mostrarli, il linguaggio da adottare. Una testimonianza può essere infatti la mera descrizione di determinati fatti, come può essere altresì la precisa scelta e selezione di alcuni “fatti tra i fatti” con cui veicolare contenuti più ampi, non specifici dei “fatti” stessi. Un racconto non è cioè oggettivo, è uno dei tanti possibili modi per descrivere una trama, per narrare una storia. Il contenuto del racconto si palesa non solo nella sua descrizione ma anche nel modo in cui è esposto che diviene, a sua volta, la riflessione personale e mirata sul suo valore, sul suo senso in un determinato tempo e luogo.
Collocazione
La messa a disposizione, la messa in scena, la sottolineatura e l'evidenziazione di alcuni contenuti sono alla base del processo espositivo. Se l'esposizione di un oggetto in una vetrina ai fini commerciali intende descriverlo al meglio al fine di renderlo attrattivo agli occhi di un compratore, la collocazione di un qualsiasi elemento all'interno del racconto predisposto per comunicare un significato ne esprimere il ruolo, ne costruisce il carattere, lo fa dialogare con altri o lascia che possa, in un monologo solitario, narrare la propria storia. Collocare significa individuare un luogo preciso nello spazio espositivo affinché l'oggetto possa entrare in rapporto con il fruitore, possa interagire con lui, possa sollecitarlo e stimolarlo, dando senso e ruolo allo spazio stesso in cui l'incontro avviene. E' un gioco basato sulla prossemica, sulla lontananza e vicinanza, sulla presenza e sull'assenza, sul previsto e sulla sorpresa.
Posizione
La posizione rispetto ai punti cardinali di un manufatto o di un luogo implica che esso sia “orientato”, che instauri un dialogo con il contesto e che, nel contempo, indirizzi e definisca il luogo in cui è. La posizione in tal senso è la chiave con cui disvelare e far comprendere il rapporto tra l'esposizione, il luogo e l'utente. Orientare non è solo indicare, è giustificare e avvalorare ogni direzione possibile, significa creare gerarchie e priorità, è misurare e tracciare i percorsi di conoscenza, è in definitiva l'atto di costruzione di un punto di partenza da cui derivare ogni ragionamento accessorio, è la meta da raggiungere.
Disposizione
Disporsi in modo che si entri in relazione con qualcosa o qualcuno, che si riceva la luce o l'ombra, che separi o che unisca, che accolga o respinga è, per una esposizione, la regione stessa del suo essere realizzata. Ciò che è esposto non è solo mostrato ma è disposto in modo da ricevere o dare; l'oggetto dell'esposizione chiarisce il luogo, definisce lo spazio, comunica le ragioni al fruitore. Esporre verso o contro, a favore di qualcosa o nascondendosi da altre situazioni, significa aggiungere il valore dell'esposizione, dell'allestimento inteso come supporto, a quello di ciò che è esposto, implica l'unione di significati distinti al fine di costruirne uno nuovo, coerente con i singoli ma portatore di contenuti altri. La disposizione e quindi le posizioni progettate usano l'ordine o il disordine, la singolarità e la molteplicità, la ripetizione e l'eccezione come strumenti per il riconoscimento dei caratteri e dei valori.
Tempo
Il tempo di esposizione in fotografia, come il tempo che serve all'occhio per adattarsi dal buio alla luce, come il tempo che si può sopportare di essere privi di protezioni sotto il sole o al freddo, raccontano di come le cose subiscano effetti e modificazioni grazie al tempo, ma anche di come interagiscano con il clima, le stagioni, le ore della giornata. In un allestimento il tempo diviene la ragione stessa del progetto espositivo, perché il tempo di fruizione e di attenzione dell'utente si progetta grazie ai condizionamenti o suggerimenti derivanti dalla componente materica dell'apparato. Il tempo viene scandito, compresso, dilatato, accompagnato dalle scelte costruttive, materiche e decorative delle strutture, dalla luce e dai suoni, dal trattamento delle superfici, dalla quantità di informazioni e di materiale esposto. Il tempo è però anche il tempo nel quale ciò che è temporaneo perdura, ciò che è effimero resiste, è il tempo del ricordo e della memoria dell'evento, è la capacità di rimanere nell'immaginario di ciò che invece è materialmente assente.
Ammontare
L'esposizione economica, il debito o il credito verso qualcuno porta a riflettere sul costo e sul valore di una mostra. Al di là dei termini economici, che pure condizionano o regolano la possibilità di esporre in un determinato modo, ogni allestimento mette in gioco un valore di tipo culturale che parte dai costi in termini di ricerca e conoscenza per la scelta dei contenuti e si concretizza nella divulgazione del sapere valutabile in termini di crescita culturale sociale e individuale. Il rischio del debito contratto dal punto di vista didattico è quello dell'incomprensione o del fraintendimento in cui una esposizione non deve incorrere in quanto investimento fondamentale per la crescita della società. La proporzione tra le energie spese e i benefici ottenuti vanno garantiti quanto si tratta di investimenti culturali in quanto la società non può permettersi di sperperare risorse richiudendosi in una forma di isolamento intellettuale o formativo. La sola informazione non è sufficiente se rimane fine a se stessa, essa deve incontrare l'ascolto di coloro a cui è diretta.
Con tale gioco tra parole, apparentemente chiare, i cui significati trasmigrano da una all'altra, si è voluto evidenziare quanto l'atto di mettere in scena un oggetto, un fatto o un contenuto, sia carico di valenze e opportunità, di responsabilità e attenzioni. La comunicazione non può creare equivoci o ambiguità e tuttavia non può essere univoca, essa deve provocare la partecipazione del fruitore che, appropriandosene, aggiunge altri valori e sensi, in un gioco di rimandi e sovrapposizioni.