Visti gli ultimi accadimenti mi piace pubblicare sul blog una descrizione, asciutta e sintetica, elaborata un po' di anni fa (come voce di un dizionario di architettura) del padiglione di Sverre Fehn.
PG
Il lotto assegnato per l'edificazione
del padiglione destinato ad accogliere le opere d'arte provenienti
dalla Finlandia, dalla Norvegia e dalla Svezia, si trova in
prossimità dell'ingresso principale dei Giardini della Biennale, tra
il padiglione americano e quello danese a ridosso di un salto di
quota del terreno. Fehn risolve il problema della compresenza di
opere provenienti da tre diversi paesi attraverso un tema unificante:
la proposizione di una condizione luminosa - la luce nordica - che
ricostruisca l'atmosfera in cui quelle stesse opere erano state
create e da cui, in ultima analisi, erano state influenzate.
L'idea si concretizza attraverso una
particolare soluzione della copertura posta a protezione del semplice
impianto, di forma rettangolare, basato su di una griglia quadrata di
3,66 metri di lato e che si presenta come un unico ampio spazio
coperto, di 446 mq di superfice, completamente liberato al suo
interno da qualsiasi elemento strutturale verticale. La copertura è
pertanto calibrata sull'effetto finale della luce filtrata che il
progettista intende ottenere: è costituita da un doppio ordine di
travi sovrapposte in calcestruzzo a vista, dello spessore di soli 6
centimetri, con un'altezza pari ad 1 metro e poste ad un interasse di
523 centimetri l'una dall'altra. Le travi principali corrono libere
da un capo all'altro dello spazio e poggiano su un muro di
contenimento a Nord e su un'enorme trave binata in calcestruzzo di
2,10 metri di altezza a Sud. La fitta trama dell'orditura secondaria
invece è poggiata direttamente su quella principale e, grazie alla
sua notevole altezza e al passo breve dei singoli elementi
strutturali, impedisce ai raggi solari della laguna veneta - anche
durante il solstizio estivo, ossia quando i raggi formano un angolo
di 64° con la superficie terrestre - di penetrare in maniera diretta
nello spazio sottostante, garantendo un'illuminazione uniforme e
priva di ombre sulle opere esposte. Alla fine, nello spazio interno,
prevale l'effetto luminoso rispetto alla fisicità della struttura
riuscendo a riproporre l'atmosfera del plumbeo cielo nordico. Solo
dei semplici fogli in fibra di vetro sono adagiati sugli estradossi
dell'orditura superiore ad impedire alla pioggia, che viene
convogliata verso i margini, di penetrare nell'edificio senza
ulteriormente complicare il sistema della copertura.
Non esistono quindi strutture verticali
all'interno del padiglione che possano interferire con la suggestione
predisposta dall'architetto a conferma che proprio nel rapporto
dialettico tra terra e cielo, ovvero tra lo spazio, i suoi margini ed
il tetto, si possono rintracciare limiti sensibili entro i quali
l'uomo sceglie di svolgere e rappresentare le proprie azioni, dando
forma e carattere ai luoghi in cui vive. L'unico pilastro esistente è
posto all'esterno, lì dove si incontrano i due lati vetrati del
padiglione. Questa poderosa struttura sostiene la coppia di lunghe ed
alte travi del fronte Sud che si aprono a 45° in prossimità di un
albero preesistente, accogliendolo al loro interno e simulando esse
stesse una sorta di natura pietrificata.
La superficie espositiva,
caratterizzata dalla fitta orditura del frangisole di copertura,
risulta chiusa solo su due dei quattro lati del rettangolo di pianta:
a Nord un muro contiene il terreno della piccola collina adiacente e
ad Est un secondo muro segna la separazione dal padiglione degli USA.
Gli altri due lati invece sono completamente liberi e presentano
delle ampie pannellature vetrate scorrevoli che permettono alla
natura del giardino di entrare a far parte dello spazio espositivo,
nel premeditato tentativo di ricostruire quell'unità del contesto
esistente prima dell'intervento dell'uomo. Non a caso Fehn conserva
all'interno del padiglione alcuni alberi già presenti sul lotto i
quali attraversano la copertura, interrompendola, alla ricerca della
luce. Gli alberi, cioè la presenza viva della natura, restano gli
unici elementi in grado di dialogare con le opere d'arte esposte a
testimonianza del tributo che quest'ultime devono ad essa secondo un
processo tipico dell'arte nordica.
Uno spazio di deposito è realizzato
sotto la scala esterna, posizionata lungo il fronte Est, che conduce
ad una terrazza superiore prevista per accogliere le esposizioni
all'aperto.