cos'è architettura & co.

architettura & co. è stato pensato da paolo giardiello per mettere a disposizione di tutti, in particolare dei suoi studenti, i propri scritti, ricerche e riflessioni sull'architettura. il blog contiene testi pubblicati, versioni integrali di saggi poi ridotti per motivi editoriali, scritti inediti o anche solo riflessioni e spunti di ricerche. per questo non ha un ordine determinato, non segue un filo logico, ma rappresenta solo la sequenza temporale di occasioni in cui parlare di architettura, prima di farla "parlare", come invece dovrebbe, normalmente, essere.

12 febbraio 2017

è in stampa "nel/sul frammenti di una ricerca (impaziente)"



«Gli aspetti della stratificazione probabilmente mi interessano più
delle viste inaspettate che vengono generate dalle rimozioni,
non la superficie staccata che rivela ma il margine sottile,
la superficie staccata che rivela
il progresso autobiografico della sua costruzione.
C'è un tipo di complessità che deriva dal prendere una situazione
altrimenti del tutto normale, convenzionale, anche anonima,
e ridefinirla, ritradurla in letture molteplici e sovrapposte
di condizioni passate e presenti.
Ogni edificio genera una propria ed unica situazione».
G. Matta-Clark


Premessa (perché questo non è un libro ma un taccuino di appunti)
Nel mese di maggio di quest'anno ho tenuto alla Facultad de Arquitectura de Montevideo un ciclo di lezioni intitolato Habitar la Preexistencia. La transformación del sentido del espacio.
Il tema è stato concordato con i docenti e con il decano della Facoltà, Gustavo Scheps, perché si tratta di un argomento di grande attualità in America Latina a cui la FADU di Montevideo, con le sue ricerche, intende dare risposta, vista la crescente esigenza di valorizzazione del patrimonio architettonico esistente.
La pratica di conservazione non è mai avulsa da quella progettuale: abitare la preesistenza implica, oltre gli ovvi interventi di adeguamento tecnologico e strutturale, al di là dei nuovi assetti funzionali idonei all'uso contemporaneo, una trasformazione del significato spaziale, dei contenuti e delle ragioni stesse del manufatto riadattato. Non c'è mai una modificazione dell'aspetto e della forma che non sia coerente con i sensi rinnovati dell'interno, dello spazio abitabile, che è il fine di qualsiasi operazione progettuale.
È innegabile che in Uruguay, come in molti altri Paesi del continente sudamericano, negli ultimi decenni la cultura del “nuovo” ha agito sul preesistente in maniera a volte spregiudicata, sostituendo o alterando sensibilmente manufatti architettonici o intere parti di città, testimonianze vive della storia del luogo. Pressioni economiche e assenza di adeguate normative hanno agito sulla mancanza di consapevolezza del valore del passato, sulla voglia di cambiamento, operando senza una strategia progettuale lungimirante.
All'opposto il progetto di architettura in Italia è stato per troppi anni costretto tra la mancanza di opportunità di immaginare il “nuovo” e un interesse, alle volte eccessivo, alla tutela delle testimonianze del passato, attraverso prassi talvolta solo conservative.
Le esperienze degli ultimi venti anni hanno invece mostrato, in Europa come nelle Americhe, attitudini diverse e spontanee, espresse attraverso una prassi, più che una evidente metodologia, capace di mostrare le ragioni di ciò che appartiene al passato, che chiede di essere attualizzato per continuare a vivere accanto all'uomo.
Ho lavorato a tale tema per molti anni, studiando e analizzando esempi e esperienze, ho sperimentato soluzioni con gli studenti nei corsi universitari e attraverso le tesi di laurea, ho scritto saggi e articoli, partecipato a dibattiti e conferenze, senza tuttavia trovare mai il tempo di fermare le idee in una riflessione esaustiva. Questo anche perché il fenomeno era – ed è – in permanente evoluzione, e qualsiasi enunciato viene in breve superato da esperimenti o interventi critici che apportano continui approfondimenti, aprendo nuovi scenari, teorici e pratici.
La ricca produzione critica apparsa nell'ultimo decennio rappresenta in tal senso un compendio profondo, esaustivo e sfaccettato dei vari punti di vista sull'argomento; riporto in bibliografia, le esperienze che ritengo rappresentino le tappe fondamentali della definizione teorica del tema.
Il seminario di Montevideo è stato pertanto una occasione per tornare sui vari argomenti, per guardare da una prospettiva storiografica i ragionamenti sviluppati in un arco temporale lungo, cancellandone alcuni superati e integrandoli con definizioni più attuali, organizzando le varie forme espressive in un sistema logico compiuto, oltre la modalità più essenziale di solito utilizzata per presentare gli argomenti agli studenti.
Il materiale raccolto, anche quello non utilizzato per ragioni di tempo, è quello che presento in questo piccolo libro, non ordinato secondo lo schema proprio di un saggio critico, piuttosto come la sequenza di spunti e riflessioni, di appunti e dubbi, che sono stati utili a costruire il discorso delle tre lezioni tenute, in spagnolo, ad un attento pubblico di studenti e colleghi.
Si tratta quindi di frammenti uniti e disposti tra loro secondo la struttura espositiva delle conferenze, ricche di immagini, esempi e riferimenti in ambito artistico e letterario che qui vengono omessi per ragioni editoriali.
La forma tipografica del volume, infine, vuole raccontare, con chiarezza, la provenienza delle varie riflessioni: ciò che è tratto da scritti personali, sia pubblicati che inediti, (in maiuscoletto) e che, in parte, era riportato sulle slide mostrate, in spagnolo; una sintesi (in carattere normale) di ciò che è stato detto durante le lezioni e, infine, alcune citazioni tratte dai testi a cui faccio solitamente riferimento (in corsivo).
Pertanto è giusto che non ci si aspetti da questo libro nulla di definitivo o di particolarmente innovativo su un tema già abbondantemente trattato e in continuo divenire, ma solo gli appunti raccolti in un ideale taccuino che si è consolidato nel tempo, le tracce di un percorso logico e di ricerca, lungo, appassionato e disomogeneo (niente affatto paziente) e talvolta casuale, che ha avuto molti compagni di viaggio in questi anni (tra cui i miei collaboratori e gli studenti, sempre attenti, di tanti corsi dedicati a questi temi), con le quali è stato possibile organizzare un discorso articolato, finalizzato a rintracciare modi e ragioni di una specifica prassi progettuale. Giungendo, come spesso capita, a porre domande più che a dare risposte definitive, ad aprire nuove riflessioni, a indurre dubbi piuttosto che a racchiudere il pensiero, proprio di un'attività così complessa, in rigidi schemi (ideologici).

P.G.