cos'è architettura & co.

architettura & co. è stato pensato da paolo giardiello per mettere a disposizione di tutti, in particolare dei suoi studenti, i propri scritti, ricerche e riflessioni sull'architettura. il blog contiene testi pubblicati, versioni integrali di saggi poi ridotti per motivi editoriali, scritti inediti o anche solo riflessioni e spunti di ricerche. per questo non ha un ordine determinato, non segue un filo logico, ma rappresenta solo la sequenza temporale di occasioni in cui parlare di architettura, prima di farla "parlare", come invece dovrebbe, normalmente, essere.

16 novembre 2020

Colours




Verrebbe da pensare che, in origine, i colori dell’architettura, e dei margini che ne delimitano gli spazi interni, siano essenzialmente quelli propri dei materiali naturali con cui essa è edificata. I colori delle terre, delle pietre, del legno, dei metalli, delle materie cioè scelte per costruire, capaci di resistere alle sollecitazioni, alle intemperie, di durare nel tempo e di restituire una immagine significante dei manufatti realizzati con tali elementi. Colori in armonia con i luoghi in cui l’architettura prende forma, in quanto propri di sostanze da tali luoghi estratte, lavorate e rese disponibili all’uso.

Eppure, gli archetipi in cui si riconoscono i principi dell’abitare e dell’insediarsi nei luoghi scelti come dimora – la grotta primitiva e la capanna primordiale – evidenziano l’attitudine dell’uomo a manipolare l’aspetto originale della materia: dalle pareti di roccia delle caverne trattate con pitture e con complessi disegni, ai tessuti o alle pelli imbevute in tinte naturali prima di avvolgere i fragili spazi delle tende nomadi. Colori diversi da quello naturali delle materie, sovrapposti, in grado di differenziare i luoghi scelti dall’uomo da quelli non ancora utilizzati, di renderli unici e personali secondo un rito di appropriazione e di comunicazione agli altri, non più “vuoti senza senso” ma “spazi abitabili” dotati di significato, coerenti con le scelte di vita.

Il colore quindi, proprietà che come prima viene percepita dallo sguardo, non è mai fortuito e anche se naturale evidenzia sempre una scelta precisa di caratterizzazione degli involucri come degli spazi in essi contenuti, volontà non casuale di far coincidere la formalizzazione del contenuto legato alla funzione con un preciso carattere trasmissibile.

Se il colore non è prescindibile, e tantomeno è innocente in quanto derivante da una volontà di progetto, attraverso di esso, attraverso gli usi e le variazioni, si può leggere la storia del gusto legata all’abitare, le mutazioni dei linguaggi con cui descrivere e definire non tanto l’aspetto materiale dei manufatti costruiti dall’uomo quanto le connotazioni estetiche legate alla percezione e alle sensazioni derivanti da essi. La comprensione del portato psicologico, delle capacità emozionali, dei contenuti legati alla tradizione di ogni colore utilizzato, è teorizzata successivamente, normata e codificata solo dopo che istintivamente l’uomo ne ha fatto uso per raggiungere precisi effetti durante la fruizione fisica degli spazi.

Il colore non si può escludere; non è possibile l’assenza di colore, né il bianco né il nero e tantomeno i materiali trasparenti, capaci di riflessi e toni una volta attraversati dalla luce, possono dirsi privi di colore. Se alcuni stili o mode fanno esplicito ricorso a determinati toni cromatici ritenuti idonei a rappresentare il proprio tempo e cultura, così quelli che si ispirano a sobrietà o minimalismo non li eliminano ma semplicemente operano scelte diverse per ottenere sensazioni differenti.

La permanenza e la durata del colore attraversa la storia dell’abitare, tanto da enfatizzare le ragioni di ogni scelta e dei contenuti ad esso riferiti, da contribuire spesso alla obsolescenza o addirittura alla perdita di valore di uno spazio perché definito da tinte non più affini al gusto o alla moda del tempo. 

Oggi, le tecnologie più avanzate legate alle tecniche digitali o alle luci a led suggeriscono nuove ipotesi di uso del colore, modificabile a scelta, invitano cioè a un uso delle cromie non legato a contenuti definitivi della struttura, e quindi dello spazio, ma portatori di sensazioni e messaggi temporanei, a volte istantanei, e comunque personalizzabili e mutevoli. Le luci che “colorano” interni, monumenti e frammenti del paesaggio, così come gli schermi, i pannelli o le superfici capaci di mutare cromie, toni e luminosità, gli oggetti cangianti con il clima o l’umore, aprono ad una relazione tra contenuto e contenitore non più fissa o permanente quanto piuttosto flessibile, temporanea e personale. Non più vincolati ad un unico aspetto cromatico i volumi e gli spazi vengono pensati per veicolare contenuti e significati variabili, per soddisfare esigenze in evoluzione, per corrispondere a imprevisti cambi di giudizio, per supportare nuove esigenze e proporre inedite possibilità abitative. Il colore slegato dalla materia si confronta con la capacità dell’architettura di aggiornarsi e rinnovarsi, di proporre soluzioni personali e di riflettere sul senso più profondo dell’abitare.