cos'è architettura & co.

architettura & co. è stato pensato da paolo giardiello per mettere a disposizione di tutti, in particolare dei suoi studenti, i propri scritti, ricerche e riflessioni sull'architettura. il blog contiene testi pubblicati, versioni integrali di saggi poi ridotti per motivi editoriali, scritti inediti o anche solo riflessioni e spunti di ricerche. per questo non ha un ordine determinato, non segue un filo logico, ma rappresenta solo la sequenza temporale di occasioni in cui parlare di architettura, prima di farla "parlare", come invece dovrebbe, normalmente, essere.

21 aprile 2015

dare forma alla luce, illuminare le forme


In occasione delle recenti festività pasquali, caratterizzate da un clima invernale più che primaverile, ho trascorso qualche giorno di riposo in un accogliente appartamento in un “residence” costruito negli anni '70, in una località di montagna sull'Appenino centrale. Non solo l'architettura dell'edificio dichiarava la sua età attraverso lo stile architettonico e le forme innovative proprie di quel periodo, ma lo stesso appartamento era l'immagine di quegli anni, ancora arredato con mobili, oggetti e suppellettili, arricchito con quadri e sculture, dotato di biancheria, posate, piatti e bicchieri, indifferenti al passare del tempo. Ho vissuto così in una casa anni '70, con oggetti di design degli anni '60 e '70, perfettamente funzionante, senza alterazioni o aggiunte improprie, quasi si trattasse di un set cinematografico accuratamente ricostruito.
Ho trascorso i pomeriggi davanti al camino, avvolto dalla luce di una Arco di Castiglioni che definiva il centro del soggiorno tra la poltrona e il divano, ho pranzato grazie ad una lampada da terra a faretti regolabili, forse un pezzo originale della Lumi o una interpretazione di un progetto di Sarfatti, ho letto un libro nella penombra di una Dalù di Magistretti in una camera dal letto avente a soffitto la Triteti sempre dello stesso autore. Non solo, all'ingresso come in camera da letto, in cucina come in bagno, corpi illuminanti meno noti, o non passati alla storia, in acciaio inox, plastica, vetro e specchio, dalle chiare forme geometriche, tra atmosfere pop e psichedeliche, ben si sposavano con arredi e suppellettili di Colombo, Castiglioni e Magistretti, per non dire di una buona riproduzione della poltrona di Eames sul soppalco.
Costretto dall'inclemenza del tempo a rimanere in casa, l'ambiente, sin dall'inizio, mi è comunque apparso familiare e, dopo lo stupore per la scoperta di ogni singolo oggetto, tutto ha cominciato a svolgere semplicemente il proprio ruolo nella definizione della qualità dello spazio, nella caratterizzazione degli ambiti, nello svolgimento delle varie attività, nel rispondere ai miei personali bisogni.
In particolare ho trovato i corpi illuminanti adatti a produrre la luce desiderata nei vari ambienti e non ho avuto problemi a leggere e comprendere le forme dei singoli pezzi e gli effetti da loro prodotti.
Non è un caso che anche a casa sia circondato da lumi pressoché degli stessi anni, dal lampadario PH5 di Poul Henningsen al Disa di Coderch, dal lume Fontana di Ingrand alla Eclisse di Magistretti e al Cuboluce di Bettonica e Melocchi.
Viene da chiedersi perché molte delle lampade di maggiore successo, sia di critica che di pubblico, siano state pensate e prodotte proprio tra gli anni '50 e gli '80, ma soprattutto perché queste non ci sembrino “vecchie” o “d'epoca”, resistendo alle variazioni del gusto, mostrando di essere le forme più chiare per diffondere la migliore luce, adeguata ad ogni tipo di funzione.
Non è difficile comprendere che le opere citate, come altre altrettanto famose di quegli anni, nascano semplicemente dall'elemento tecnico illuminante, intorno alla lampadina con filamento di tungsteno e attacco a vite commercializzata fin dall'inizio del '900. Con vetro trasparente o bianco latte, piccola o grande, con la cupola a specchio o smerigliata, la piccola lampadina ha rischiarato il XX secolo che, intorno al suo punto luminoso racchiuso nel bulbo di vetro, ha disegnato infinite forme per ottenere diverse qualità di luce e di ombre.
Il design illuminotecnico, per più di un secolo, si è concentrato su tutti i possibili effetti che si potevano ottenere da quella fonte luminosa (ovvero dalla meno amata alternativa del tubo a neon), sul disegno cioè della morfologia adatta a realizzare la migliore distribuzione della luce nello spazio, le adeguate sfumature di penombra, la direzione e l'intensità scelta in base alle necessità funzionali e agli effetti desiderati.
A tale luce proveniente dalla lampadina sono stati accostati materiali diversi: lucidi, opachi, trasparenti, traslucidi, caldi e freddi, evanescenti, eterei, solidi o liquidi (come dimenticare le lampade LAVA con le bolle colorate in movimento immerse in un liquido trasparente?). Le lampadine sono state usate singolarmente o accoppiate, nel numero e nella disposizione idonea a restituire la quantità e la qualità della luce richiesta. La luce è stata riflessa, filtrata, indirizzata, modulata, plasmata, al fine di giungere all'uomo con un proprio “carattere”.
Le forme dei lumi sono nate per dirigere, colorare, smorzare o moltiplicare la luce nell'ambiente domestico, negli spazi pubblici o privati, all'aperto o negli interni, forme necessarie a “fare luce” in quanto l'illuminazione ha sempre avuto il compito di rendere significanti i luoghi, di svelare lo spazio architettonico come la sua massa volumetrica, di delineare perimetri e limiti, di individuare gerarchie e di ordinare e predisporre i movimenti e le azioni del fruitore.
Oggi il design dei corpi illuminanti è solo agli inizi di una nuova avventura: per quanto brevettati già negli anni '60, è solo dal 2012, con l'abolizione delle lampade ad incandescenza, che i LED si propongono come principale, e più interessante, sistema di illuminazione all'attenzione dei progettisti e del mercato. Ogni tentativo, seppur perseguito, di adattare i nuovi sistemi a LED alle vecchie armature è apparso subito anacronistico, come anche costringere i LED nelle forme e nelle dimensioni delle vecchie lampadine; l'idea stessa, oltre che la tecnologia, dei nuovi sistemi, disposti in linea, su superfici, o anche solo singolarmente come elementi puntuali, impone un ripensamento della luce e quindi delle forme e della disposizione dei corpi illuminanti. La luce cambia, offre nuove opportunità di toni, intensità, morfologia e colore e quindi il sistema delle forme delle armature è tutto da reinventare.
La luce dei LED conquista lo spazio, lo rincorre e, nello stesso tempo, lo definisce e lo determina lì dove non aveva forma o dimensione. Le strutture scompaiono, si celano in anfratti minimi, si annullano in elementi esili ed impercettibili, ovvero si palesano in forme che non hanno precedenti nella tradizione dei corpi illuminanti. La ricerca deve essere continua, non solo finalizzata al rendimento e all'efficenza, alla quantità e alla capacità dei nuovi strumenti, ma deve inventare una nuova storia nel rapporto tra lo spazio, le strutture e la luce; deve potere esprimere cioè le nuove forme dell'abitare attraverso nuovi linguaggi di nuovi oggetti che non saranno confrontabili con quelli già noti.
E' partendo dalle opportunità offerte dalle attuali tecnologie che si potrà inventare la nuova luce per gli ambienti dove vivere domani, inediti modi di intendere gli spazi, le possibilità per percepire gli interni nonché, naturalmente, originali forme di lampade capaci di diventare icone di questo tempo esattamente come quelle degli anni '60 e '70 hanno saputo essere immagine della loro epoca.