Lo
spazio in architettura, da un punto di vista meramente fisico, è un
vuoto, non è un materiale né è fatto di un materiale tangibile.
Dai materiali e dalle strutture però è definito, in quanto è
proprio dall'involucro che lo contiene che esso prende forma e
contenuto. Per costruire lo
spazio destinato ad assolvere i bisogni dell'uomo - ragione e fine
dell'architettura - per realizzare cioè qualcosa di fisicamente
immateriale, bisogna scegliere la struttura materiale capace di
definirlo e di racchiuderlo. Il contenuto - lo spazio - prende forma
solo grazie al suo contenitore - la struttura - e da tale involucro,
dalla sua materia, dal suo trattamento, deriva la sua stessa qualità,
ne trae i sensi. I materiali della struttura infatti caratterizzano e
rendono esplicito il significato ed il senso del luogo che, da tale
struttura, è posto in essere.
La
materia con cui è costruita la struttura, o di cui è rivestita, non
definisce solo l'aspetto o la qualità di questa, e cioè di ciò che
è tangibile, ma descrive e realizza i valori ed i sensi dello
spazio, dei luoghi in cui l'uomo espleterà le sue funzioni, funzioni
che da tali valori e sensi saranno determinate.
I
materiali, quindi, rappresentano la calligrafia, il segno distintivo,
con cui scrivere le parole del linguaggio architettonico che
espliciteranno i contenuti del manufatto; sia nel caso di materiali
propri della costruzione - il linguaggio della tettonica - che di
quelli di rivestimento sovrapposti - il linguaggio della decorazione
-.
Le
materie, le texture derivanti dalla scelta delle componenti e dalla
loro posa in opera, i trattamenti superficiali, la disposizione e il
portato evocativo insito nei materiali tradizionali, contribuiscono a
influenzare, anzi a determinate, il significato dello spazio capace
di imporre i comportamenti, le azioni e le reazioni, dei fruitori.
Parlare
di materiali, quindi, non significa solo riferirsi alla fisicità
delle parti che strutturano il manufatto (il contenitore) ma anche
alla definizione dello spazio (il contenuto) che da tali materiali
riceve il carattere e l'atmosfera e dalle strutture la morfologia e
la proporzione.
I
nuovi materiali hanno sempre offerto alle architetture originali
opportunità di conformazione e definizione dello spazio interiore
ma, a volte, come nella contemporaneità, è anche accaduto che le
aspettative di nuove modalità di vivere e di organizzare lo spazio
abbiano influenzato la ricerca sui materiali, spingendo verso l'uso
di soluzioni tecnologiche, di materie e di componenti, provenienti
talvolta da altri settori della ricerca e dell'espressività.
Un
tempo i materiali da costruzione o per rivestimento erano derivati
direttamente dalle materie, i formati seguivano le ragioni della
messa in opera, le prestazioni servivano per raggiungere gli
obiettivi di un adeguato confort ambientale.
L'architettura
oggi, invece, si offre idealmente nuda, un corpo perfettamente idoneo
a soddisfare i bisogni che l'uomo esprime, e che si lascia vestire
dal gusto del tempo, dalla moda, dalla sensibilità del singolo
progettista. Più precisamente la ricerca scorre su due binari
diversi (non alternativi): quella finalizzata a costruire tale corpo
- la struttura, gli impianti - e quella destinata all'individuazione
e definizione di ciò che ricoprirà tale organismo, abito o pelle
che sia, che a volte potrà risultare coerente con ciò su cui è
posto, altre volte si renderà autonomo fino a negare le proprietà
stesse dell'impalcato soggiacente.
A
guardare bene oggi i luoghi destinati alla vita - collettiva o
privata -, sempre più ricchi, sempre più attraenti, è evidente che
non esiste più un materiale che è o che mostra sé stesso: la
pietra non è di pietra e il legno spesso è fatto di altro, per non
parlare dei materiali innovativi, materiali sintetici, di ricerca,
creati in laboratorio o derivati dal recupero di prodotti riciclati.
Secondo
tali premesse possiamo rintracciare tre modelli teorici che legano i
materiali allo spazio.
I
materiali che determinano lo spazio
La
Storia dell'Architettura mostra come sia esistita una diretta
conseguenza tra l'evoluzione degli interni, l'organizzazione degli
ambienti e l'innovazione tecnologica. Il caso del cemento armato è,
da questo punto di vista, esemplare in quanto mezzo per giungere a
spazi fluidi e continui in grado di sconvolgere la frammentata
impostazione tradizionale degli ambienti domestici e pubblici.
Lo
spazio interno, grazie alla struttura discreta e puntuale, ha potuto
indagare originali relazioni tra le parti vissute dall'uomo, tra
l'interno e l'esterno, rinnovando il senso stesso dei luoghi da
abitare; non solo a livello morfologico, ma anche nei confronti della
capacità espressiva di un materiale artificiale, pensato e disegnato
dall'uomo, tuttavia in grado di reinterpretare storie e sensi
antichi. Maestri come Le Corbusier, Perret e Garnier, con tale
materiale, hanno definito il linguaggio con cui il Movimento Moderno
ha potuto manifestare la sua carica innovativa.
Analogamente
la struttura in acciaio, si pensi all'opera di Mies van der Rohe, ha
permesso di promuovere l'idea di uno spazio continuo e privo di
margini, indeterminato tra natura e artificio, tra aperto e chiuso,
tra privato e collettivo. L'annullamento del confine – grazie anche
all'uso di ampie vetrate – ha permesso di giungere ugualmente a
valori dell'interno attraverso un esplicito riferimento ai sensi di
protezione e di intimità pur coinvolgendo l'ambiente circostante,
interessando, quindi, la sfera psicologica dell'uomo.
Allo
stesso modo le materie plastiche e composite, a partire dagli anni
'60, negli interni domestici e nel disegno degli oggetti di arredo,
hanno materializzato forme e ambiti proiettati verso un futuro sempre
immaginato, come quelli concepiti da Joe Colombo in Italia, o dagli
Archigram in Gran Bretagna; spazi quasi primari, del tutto avvolgenti
e disegnati direttamente sulla fisicità dell'uomo e sui suoi
movimenti.
Lo
spazio scopre i materiali
Nella
contemporaneità la presenza di molteplici soluzioni tecniche e di
dettaglio offerte dal mercato non ha determinato direttamente una
modificazione diretta o una evoluzione dello spazio abitato. E'
accaduto piuttosto il contrario, e cioè che le necessità dell'uomo,
le sue aspettative ed esigenze, il suo desiderio di rappresentarsi o
di comunicare il proprio pensiero, abbia costretto a sperimentare
soluzioni e finiture capaci di adeguarsi ai suoi bisogni in continuo
cambiamento.
In
particolare l'influenza nella vita di ogni giorno della sfera
immateriale con cui l'uomo interagisce, di mondi virtuali e
intangibili che invece rispondono ad esigenze funzionali precise, ha
portato a pretendere dallo spazio fisico, prestazioni veloci,
essenziali e precise, quali la flessibilità e la fluidità, la
possibilità di personalizzare e di cambiare, la temporaneità e la
plurifunzionalità.
Per
questo l'architettura ed il design hanno guardato a materiali e
soluzioni tecniche provenienti da settori fortemente specializzati –
illuminotecnica, domotica, elettronica – ovvero da altri campi
dell'industria e della ricerca – programmazione, web design,
informatica – fino a settori non direttamente coinvolti nella
progettazione architettonica quali la moda, l'arte, la pubblicità,
il cinema, la comunicazione.
La
“spettacolarizzazione” dello spazio e la possibilità di
interagire direttamente con esso, di influenzarlo e di variarlo, ha
dato vita a ricerche su nuovi materiali e soprattutto sulla
possibilità di intervenire su di essi sia in fase di progettazione
come di fruizione.
Oggi
in definitiva sono i materiali ad inseguire il senso dello spazio, si
può arrivare paradossalmente a dire che è lo spazio che inventa i
materiali necessari a rispondere alle richieste della società.
Questo, se altera la logica tradizionale del mestiere del
progettista, ottiene comunque un risultato, che è quello di
riportare in primo piano la figura dell'uomo, e di pensare ad una
architettura capace di dare vita ai suoi sogni.
Lo
spazio senza materiali
Un
paradosso, proprio della ricerca teorica in architettura, a partire
dall'invadenza del virtuale nel reale, è quello di chiedersi se
l'architettura può fare a meno dei materiali e, più precisamente,
se è possibile porre in essere i principi stessi dello spazio
concluso in assenza di materia, utilizzando strumenti capaci non di
delimitare, non di perimetrare, ma solo di suggerire i sensi
dell'abitare.
Se
è evidente che nella pratica ciò non è direttamente perseguibile,
in linea teorica, invece, la ricerca - ma anche la prassi - ha ormai
assodato che sono ottenibili concretamente sensi dello spazio al di
là del contributo dei materiali: ad esempio, un ambito semplicemente
delimitato da un'ombra proiettata può assumere valori analoghi a
quelli di un luogo chiuso e circoscritto chiarendo con chiarezza il
suo spazio di pertinenza, per quanto labile; che i rumori, i suoni,
gli odori e i valori cromatici, possono contribuire a indirizzare e
orientare, a imprimere un ritmo al movimento del fruitore, a rendere
accogliente o respingente un ambiente, a soddisfare pienamente i
bisogni richiesti. Inoltre gli elementi instabili e cangianti possono
produrre sensi che si rinnovano nel tempo, che a loro volta sono in
grado di esprimere il vero significato dell'opera costruita, come le
essenze arboree, piante e fiori che, con il loro seguire le stagioni
e il clima, possono costruire un luogo privo di un unico valore e
capace invece di comunicare sensi sempre nuovi, richiedendo la
partecipazione e l'attenzione dei visitatori nei diversi periodi
dell'anno.
Se
quindi non è possibile costruire fisicamente lo spazio senza
materiali, per quanto effimero e instabile, è altrettanto evidente
che a contribuire alla definizione del contenuto dell'architettura
non sono solo le sostanze tangibili, ma anche tutto ciò che,
direttamente o indirettamente, è necessario a realizzare
un'esperienza sensoriale ed emotiva completa e significante.
I
protagonisti dell'architettura oggi non sono quindi solo i materiali
da costruzione - sempre più sofisticati e avanzati - ma sono anche
quelli, non canonicamente propri della struttura, in grado di
assecondare le richieste della società odierna e le aspettative
pressanti di nuovi luoghi in cui riconoscersi. Sistemi estranei alla
costruzione ma capaci di modificare il senso dello spazio:
connettività e interattività digitale, cromatismi e trasparenze,
luce artificiale (in grado di imitare la naturale) e filtri di quella
naturale (capaci di renderla artificiale), natura come rivestimento e
come struttura, sistemi sonori o di insonorizzazione, presenza di
essenze olfattive.
Tutto
ciò sta trasformando il mestiere dell'architetto o del progettista
di interni impegnato nel tentativo di immaginare idonei scenari di
vita futura.
L'architettura,
i suoi spazi interni, la città stessa e il paesaggio costruito,
storicamente sempre hanno cercato l'abito attraverso cui raccontarsi.
Sia esso stile, decorazione o linguaggio, costruire ha sempre
comportato la scelta di un aspetto formale capace di comunicare con
l'uomo, in grado di tradurre in un sistema di segni chiari e
comprensibili la descrizione dei contenuti impliciti nello spazio,
nella forma, nelle misure e nelle armonie proprie della sua
struttura.
E'
necessario quindi seguire le prospettive sociali, variabili e in
evoluzione, conformare l'informale, congelare l'attimo in
trasformazione, consapevoli tuttavia del rischio di una mancanza di
controllo rigoroso del progetto che può condurre fino al limite di
una scissione tra ciò che è e ciò che appare, tra il contenuto di
quello che la società richiede come indispensabile per il
soddisfacimento dei suoi bisogni e la forma, effimera e fine a sé
stessa, con cui essa si palesa.