Il termine latino textura e
il corrispondente anglosassone texture,
richiamano alla memoria dell'architetto l'opera teorica di Gottfried
Semper che vede nell'arte tessile, nella struttura di tappeti e
stoffe demandate a suddividere originariamente gli spazi o a
impreziosire le superfici delle pareti e dei pavimenti, il principio
stesso della decorazione, la nascita cioè dei margini fisici che
racchiudono l'interno quali elementi architettonici dotati di un
carattere stilistico capace di corroborare ed esplicitare i sensi
dell'architettura.
L'analogia con la
struttura originaria di ciò che è tessuto, con l'intreccio di fili
e nodi, nell'opera del maestro tedesco, evidenzia, in campo
architettonico, il valore della trama dei materiali da costruzione e
di rivestimento - e delle regole a cui essi sono soggetti - che,
messi in opera secondo la loro natura, nel perseguire il fine di
sostegno e di collegamento, disegnano indispensabili orditi di linee
e spazi, di vuoti e pieni, che sono all'origine dei segni che
compongono il linguaggio stesso dell'opera costruita.
Il richiamo ai
principi semperiani non intende disgiungere la teoria dalla prassi
progettuale quanto rafforzare l'attenzione verso uno dei fondamenti
del mestiere dell'architetto, cioè che la scelta di un materiale,
che la sua finitura, il colore, la grana e l'aspetto, si deve
coniugare con le regole della posa in opera, con i formati e la
disposizione, con la natura dei leganti, delle colle e delle malte,
con l'ineliminabile disegno dato dai giunti e dalle fughe, che
palesano e ordinano le caratteristiche delle componenti costruttive
scelte.
Rispetto ai
principi dell'ornamento significa affermare che è impossibile
scindere il pattern geometrico strutturante l'impianto decorativo,
cioè la matrice ordinatrice, dai colori, dagli inserti figurativi,
dai criteri percettivi e dai rimandi narrativi. Anzi, che quando tale
trama non è invisibile o subalterna, diventa essa stessa, il suo
impianto compositivo e regolatore, la ragione dell'intero sistema
decorativo, costruendo indicazioni evidenti che, a partire dalle
regole della percezione visiva, inducono comportamenti e suggeriscono
azioni, caratterizzando il senso dei luoghi, degli ambiti di cui sono
composti.
Il
progetto pertanto non è indipendente da un preciso supporto
narrativo che è quello di una grafia necessaria, di una grammatica
di segni e orditi, capace di rafforzare o, a volte, addirittura di
contraddire, il senso stesso dell'opera suggerito dal ritmo delle
strutture e degli spazi in esse contenuti e da esse definiti. La
texture è quanto di
più evidente nell'esperienza percettiva dello spazio, proprio perché
superficiale e insita nella natura stessa dell'abito indossato dalla
scatola architettonica, per cui diviene la sottolineatura
indispensabile per trasmettere, a livello visivo, tattile e
cognitivo, i contenuti proposti dal progetto.
Essa non è
eliminabile, non è secondaria, e come tale va tenuta in conto nella
complessa definizione della qualità superficiale dei margini dello
spazio architettonico che, dalla sua presenza, dalle sue regole,
dalle armonie geometriche e proporzionali, può ricevere ulteriori e
più precisi strumenti capaci di disvelare i suoi veri contenuti.
Fino
all'esperienza limite di alcuni maestri dell'architettura che sono
giunti a disegnare, in maniera prioritaria, il vuoto tra i vari
materiali, individuando preventivamente le regole della trama
portante (trama nella duplice accezione di racconto e di texture),
la partitura visibile su cui poggiare gli elementi materici, resi
discreti ed isolati e comunque subalterni, della costruzione o del
rivestimento. Tra questi va ricordato Sigurd Lewerentz che, in
particolare in una delle sue ultime opere, la chiesa di St. Petri a
Klippan in Svezia, ha imposto ai mattoni portanti e ai rivestimenti
in laterizio e klinker, un'ordine prestabilito da una texture mai
omogenea e ripetitiva, mai solo strutturale o tecnica, ma sempre
espressiva e comunicativa. Una trama di vuoti, di linee, in cui la
materia stessa dei giunti arriva ad avere pari dignità rispetto ai
materiali che lega e pone in relazione. Un'opera in cui si percepisce
la chiara volontà di usare linee e tessiture come un pentagramma non
solo utile e strumentale ma significante esso stesso, capace di
rallentare il passo, di guidare lo sguardo, di rasserenare o di
confondere i passi di chi si avvicina e fruisce, nella sua
completezza, dell'opera progettata.
Alle
texture naturali,
derivanti dai giunti e dalle fughe, vanno poi aggiunte quelle proprie
dei materiali utilizzati - venature, segni delle lavorazioni,
colorazioni della pasta, tracce dei getti o dei ritiri - o su di essi
apposte - serigrafie, tagli, pittura, grafica - corroborate dalla
natura dei materiali - trasparenti, riflettenti, opachi, traslucidi,
ruvidi - che comporta, in sintesi, una lettura dello spazio fruibile
attraverso layer
sovrapposti, piani che si accavallano portatori di regole geometriche
e di armonie, di segni e tracce, di proporzioni e dissonanze, tutti
finalizzati ad una sovrascrittura esplicita, una sottolineatura
irrinunciabile, chiarificatrice dei significati di cui l'opera
intende farsi portatrice.