cos'è architettura & co.

architettura & co. è stato pensato da paolo giardiello per mettere a disposizione di tutti, in particolare dei suoi studenti, i propri scritti, ricerche e riflessioni sull'architettura. il blog contiene testi pubblicati, versioni integrali di saggi poi ridotti per motivi editoriali, scritti inediti o anche solo riflessioni e spunti di ricerche. per questo non ha un ordine determinato, non segue un filo logico, ma rappresenta solo la sequenza temporale di occasioni in cui parlare di architettura, prima di farla "parlare", come invece dovrebbe, normalmente, essere.

17 aprile 2012

...ma cosa sono gli iSpace?

 Con iSpace si vuole indicare la forma evoluta, condivisa e socialmente utile, declinata in un linguaggio proprio coerente e attuale, non mutuato da altre tipologie o espressioni formali, di quei luoghi di relazione, contenitori polifunzionali e simbolici, che affollano il nostro quotidiano. Termine che, evidentemente mutuato dall'attuale linguaggio della tecnologia di uso quotidiano, prendendo le distanze dalle parole finora usate, vuole indicare proprio quei luoghi che, a causa del moltiplicarsi delle risposte prestazionali e funzionali, si sono sviluppati perdendo di vista le specificità che fanno di un “vuoto” uno “spazio vissuto” e di uno “spazio utile” un “luogo significante” e simbolico.
Gli iSpace saranno luoghi di transito, di commercio e di svago la cui forma materiale rimanderà immediatamente alla nuova funzione che rappresenteranno e dove l’articolazione degli spazi terrà conto delle necessità fisiche e psicologiche di fruitori che avranno la possibilità di usare, con creatività, gli spazi di relazione definendoli e adeguandoli alle proprie esigenze, umore e carattere. Saranno spazi dove sperimentare sensazioni e emozioni e non dove subire stimoli indotti dalla pubblicità o da meccanismi di promozione, dove incrementare gli incontri e l’affermazione delle proprie scelte individuali e non dove amplificare le proprie solitudini attraverso l’iterazione di ritualità posticce, dove comunicare e conoscere, dove studiare e mettere in gioco le proprie esperienze vissute. In definitiva spazi reali, fisici e tangibili, in cui riuscire a ricostruire il dinamismo, la flessibilità e la creatività insita nei “luoghi virtuali” che oggi definiscono e condizionano i nuovi sistemi di relazioni sociali e di comunicazione.
Per tale ragione il termine iSpace presenta il suffisso “i” a completamento del concetto di “spazio, luogo”. Tale suffisso, a partire dai noti prodotti informatici Apple, ha ormai assunto il concetto più ampio di tutto ciò che suggerisce “interattività”, che indica strumenti o mezzi che si pongono più come “interfaccia”, capaci di relazionarsi e connettersi ad altri sistemi, piuttosto che come oggetti con una funzione precisa e determinata e quindi chiusi nella propria ragion d'essere.
L'interattività implica, da parte dell'utente, la possibilità di scegliere, di costruire autonomamente il sistema di azioni e informazioni di cui necessita, conformando a proprio piacimento oggetti o spazi così da non subire mai condizionamenti, offerte preconfezionate. Il fruitore da spettatore passivo, da semplice utente, diventa protagonista e attore delle scelte che intende fare e del carattere dell'ambiente in cui vive. Grazie ad una interattività reale, e non usata come slogan, i luoghi potranno essere diversi da fruitore a fruitore, di giornata in giornata, in quanto davvero “progettati” all'occasione da ogni visitatore.
Il tema dell'identità, dell'unicità e quindi della distintività con cui l'uomo ormai approccia i luoghi in cui vivere tra gli altri, è la chiave con cui capire la ragione per cui le previsioni di Augé, sui nonluoghi, non siano state raccolte con la stessa intensità con cui erano state affermate. Evidentemente la società odierna, postmoderna come molti l'hanno chiamata, già oltre il postmoderno secondo altri recenti studi, non richiede più i luoghi significanti descritti dall'antropologo francese quanto piuttosto spazi in cui vivere con soddisfazione una condizione di anonimato volontario, ovvero con cui interagire al fine di imprimere le proprie aspettative comunicandole agli altri. Le tecnologie informatiche e multimediali odierne non hanno cancellato il rapporto tra le persone, lo hanno semplicemente mutato, per cui la piazza non è più il luogo fisico capace di accogliere tutte le individualità, ponendosi come sottofondo alla vita, ma è invece la vetrina con cui mostrarsi agli altri e, attraverso precisi canali di comunicazione attivati, filtrare i rapporti con gli altri. Per questo la solitudine non esclude il contatto con il resto del mondo, quando questo è controllato, grazie alla scelta di mostrare di sé solo quello che si vuole condividere con il resto della comunità che vive i medesimi luoghi, virtuali o reali che siano.
Le potenzialità dell'interazione tra uomo e spazio, tra conformazione di questo e scelte personali, devono essere dettate dalla partecipazione diretta, affinché la parte privata che si vuole demandare al pubblico sia controllata e misurata direttamente dall'utente e non filtrata da strategie della comunicazione. La pubblicità oggi si fa sempre più invasiva e persuasiva. Anche quella nei luoghi di transito, di sosta o di attesa. Cartelloni pubblicitari che scandiscono ironicamente slogan tanto da attirare l'attenzione, schermi capaci di leggere lo sguardo dell'utente quando è rivolto verso l'immagine così da cambiare la scena alternando, con giocosità, diverse situazioni.

I temi sono: comprensione e definizione di un linguaggio dell'attualità legato alle nuove funzioni, affermazione di un uso diverso dal senso tradizionale di luogo ma più vicino alla costruzione di uno spazio identitario progettato dal singolo, potenziamento del valore di rete che collega tutti i luoghi di transito, i luoghi del quotidiano e identificazione dei nodi significativi come punti di connessione col territorio, con il contesto, con gli altri utenti.
 Riguardo al linguaggio è ormai necessario sperimentare e trovare gli stili, le forme espressive adeguate con cui comunicare ed identificare tali luoghi, non è più possibile dedurre o copiare stili del passato o ricreare situazioni scenografiche e posticce.
In particolare tali luoghi devono essere definiti sia nel linguaggio usato per gli spazi interni o interclusi che per l'aspetto esteriore, superando la contraddizione palese di architetture troppo spesso prive di prospetti significanti e incoerenti con l'interno.
La ricerca di un linguaggio specifico, come quella di un aspetto esteriore, alla luce di quanto detto, dovrebbe essere condotta non necessariamente verso soluzioni “stabili” quanto piuttosto verso la possibilità di adattamento e modificazione delle superfici o, addirittura, nella direzione di progettare “non prospetti”, soluzioni cioè senza una reale caratterizzazione o connotazione architettonica ma in continuità espressiva e di contenuti con il paesaggio, senza ricorrere a particolari stili o visioni artistiche. Usare l'involucro architettonico come il supporto di sistemi di comunicazione e di riconoscimento di natura diversa rispetto alla tettonica o alla costruzione del manufatto è ormai un dato condiviso, così come il superamento del rapporto distintivo tra spazio urbano, architettura e paesaggio che permette di vedere, come un unico tema, il disegno dell'habitat umano, senza distinzioni tra componenti o parti, senza confini tra interno ed esterno, secondo una grammatica espressiva unificante e capace di decodificare le ragioni dell'insediamento.
Oltre il linguaggio è necessario affermare la specificità di uso, cioè il carattere identitario riconoscibile dei luoghi, per cui l'architettura deve tendere ad approfondire l'organizzazione spaziale distinguendola da quella solo funzionale dedotta da parametri dimensionali. La flessibilità si deve coniugare con un'organizzazione libera, con una sovrapposizione fisica e organizzativa di layer funzionali interconnessi tra loro che non suggeriscano un'unica modalità d'uso ma che invitino a continue scelte e possibilità di inventare l'impiego dei luoghi. La rigidità dei percorsi, la stabilità delle funzioni e degli spazi devono essere superate da ambiti connessi tra loro, che si disvelano di volta in volta all'utente che, da punti di vista privilegiati, può scegliere di costruirsi il proprio itinerario di visita, può decidere come utilizzare un luogo, può individuare potenzialità in ambienti disponibili alla trasformazione e alla modificazione.
Oggi i contenitori commerciali, ad esempio, prediligono schemi fruitivi e percorsi obbligati, l'obiettivo da raggiungere con gli iSpace è quello di consentire molteplici schemi comportamentali e sistemi percettivi compresenti in cui individuare un personale modo di usare e di vivere lo spazio e quindi le opportunità in esso contenute, diventando ogni volta “progettisti” dei luoghi.
 Inoltre, al pari degli iperluoghi raggiungibili con un click del mouse, o con un tocco di polpastrello, dal proprio salotto, così gli iSpace dovranno essere fortemente legati e connessi ai luoghi di svolgimento della vita quotidiana, nodi del quotidiano e delle relazioni che lo connotano. Più luoghi di transito che destinazioni o mete, più tappe di spostamenti comodi e veloci che luoghi di arrivo di movimenti di massa in auto. Gli iSpace dovranno essere parte di un sistema coerente di infrastrutture collegate tra loro, dovranno essere l'estensione dei collegamenti, nodi significanti e rappresentativi e non solo luoghi da raggiungere.
Oggi gli esterni dei superluoghi sono caratterizzati da un paesaggio sconfinato di parcheggi di automobili. I parcheggi non dovranno essere l'immagine prevalente, dovranno essere celati alla vita e non inquinare l'immagine del territorio. Non solo, i nuovi luoghi di relazione dovranno proporre inoltre, alternative all'auto privata, diversi sistemi di trasporto certamente più comodi, veloci ed economici che potranno, partendo dalle proprie case, entrare fino nel cuore delle nuove funzioni, fondendosi con esse ad unire il pubblico con il privato.
Il vero cambio concettuale è quindi trasformare gli attuali superluoghi che rappresentano le nuove polarità attrattive e accentratrici del territorio, catalizzatori di automobili e quindi di traffico, in nodi significanti e funzionali di reti, non solo reti di trasporto e di collegamento, ma anche reti di funzioni e luoghi connessi in un sistema, non virtuale ma fruibile, capace di collegare città e periferia, periferia e spazi non ancora modificati dalla presenza stabile dell'uomo.
Quindi iSpace come luoghi di interazione e scambio, spazi che rimandano ad altri flessibili e adattabili e non definitivi e assoluti in cui esaurire ogni azione sognata o richiesta. Infine ambiti carichi di personalità, non più concentrati asettici di funzioni dove assolvere solo bisogni, ma finalmente luoghi significanti dove trascorrere in maniera creativa e libera il proprio tempo. Carattere “identitario e relazionale” basato su nuovi principi che spostano l'attenzione dalla tipologia e morfologia del luogo alla sua flessibilità e adattabilità, dalla comunicazione diretta tra luogo e utente alla possibilità di tessere relazioni e connessioni inedite con lo spazio in cui si è, e nel contempo con altri spazi analoghi dotati delle stesse potenzialità, dalla delimitazione e perimetrazione di funzioni definite alla apertura verso esigenze e bisogni attraverso i quali comprendere la realtà e comunicare il proprio essere tra gli altri. Insomma di nuovo “luoghi” ma luoghi nuovi, luoghi del quotidiano, del presente dove coltivare l’utopia e quindi la speranza di progettare un ambiente adatto a tutti e capace di raccontare adeguatamente il proprio tempo.

(tratto da: P. Giardiello, iSpace, oltre i nonluoghi, Siracusa 2011)

11 aprile 2012

Modificazioni funzionali




Esistono fenomeni, cose o situazioni che si diffondono e si evolvono ben oltre le aspettative e le previsioni per cui sono nati o progettati. Tali eventi spesso hanno inizio senza che gli venga dato un nome preciso e, in alcuni casi, man mano che trovano una loro precisazione, e quindi sono riconosciuti ed identificati con un'espressione determinata, si modificano e si sviluppano ulteriormente in modo da non corrispondere più alla primitiva definizione. L'architettura realizza strutture strettamente legate a specifiche funzioni – fabbrica, edificio per uffici, ospedale – ovvero luoghi conformati per accogliere nuovi mezzi di trasporto - aeroporti, autorimesse – o per permettere l'utilizzo di nuove invenzioni destinate all'uomo – cinema, sale per concerti, mediateche – per i quali lo sviluppo morfologico e tipologico dipende strettamente dalla modificazione e dall'aggiornamento degli strumenti o dei mezzi che “contengono” o a cui sono destinati. L'evoluzione di un luogo fortemente caratterizzato dalla sua funzione e dalle tecnologie che la supportano è quindi organica e va necessariamente di pari passo con le mutate necessità strutturali le quali, a loro volta, coincidono con i bisogni e le aspettative degli utenti sempre più informati ed esigenti. In altri casi, invece, le modalità di intendere e recepire alcuni tipi di destinazioni d'uso vanno a modificarne lentamente lo stesso significato e quindi il conseguente modo di usufruirne, così che le successive variazioni morfologiche e linguistiche non scaturiscono solo dalle necessità insite nello sviluppo naturale del processo funzionale, bensì dalla lettura e dall'interpretazione che la società fa di quel luogo di relazioni e di appagamento di bisogni. Nella nostra contemporaneità non esistono più “funzioni” forti, esplicite, identificabili. Non riscontriamo più cioè luoghi destinati allo svolgimento di azioni o al soddisfacimento di bisogni così diretti o univoci. Forse non esistono più neanche bisogni primari o essenziali e tutto diventa interazione, contaminazione, compresenza. Principi non negativi, anzi coerenti e del tutto in linea con le aspettative della società che richiede sempre più velocità, semplicità, polifunzionalità degli oggetti come dei luoghi, delle prestazioni come delle emozioni. Per cui la risposta multipla e simultanea a diverse esigenze dell'uomo, corrisponde oggi a luoghi non facilmente identificabili con un unico significato, di cui, in definitiva, è difficile delineare un solo stile; edifici dal carattere meno forte, ma certamente più complesso e sfaccettato, che richiedono quindi espressività cangianti e complesse. Luoghi che comunque prendono le distanze dalla definizione stessa di spazio architettonico inteso in senso tradizionale, arricchendosi di stimoli e suggestioni non provenienti dal mondo dei rapporti consolidati, delle relazioni codificate, ma che assumono caratteri e proiezioni derivanti dalle nuove dinamiche di relazioni sociali che, a dispetto della critica, determinano il successo e il gradimento di luoghi in continua e incessante mutazione ed evoluzione.
Per chi progetta cercare la corrispondenza diretta tra forma e contenuto, tra significato e significante, diventa così impossibile, in quanto ogni affermazione definitiva appare interrompere il flusso delle mutazioni e delle sovrapposizioni di sensi, e quindi risultare immediatamente obsoleta.
Acquisire invece come dato progettuale l'instabilità ed il cambiamento significa trovare il giusto abito per rendere agevole lo svolgimento delle funzioni richieste e comunicare la complessità e la mutevolezza del proprio tempo.
Quanto detto è applicabile al caso contemporaneo di quei luoghi polifunzionali che non hanno una funzione univoca ma che svolgono un ruolo determinante nella vita di ogni giorno: luoghi del commercio sempre più connessi ad altre funzioni legate allo svago o alla cultura, luoghi della mobilità compromessi con centri commerciali, luoghi della cultura e della conservazione dei beni artistici annessi a spazi per il commercio o per la ristorazione, luoghi per il divertimento a cui si aggregano spazi per la cultura, per il sociale, per la famiglia. Luoghi insomma che non nascondono il loro fine commerciale o culturale o di infrastruttura per cui nascono – e che rappresenta anche il motore economico che li fa funzionare – ma che reputano necessario attrarre pubblico gratificando un'aspettativa di commistione e compresenza di bisogni e di necessità che vogliono essere soddisfatti nel medesimo istante e nello stesso luogo. A tali spazi del quotidiano non è più applicabile il tradizionale concetto di luogo, e neanche quello di nonluogo, e si deve ricorrere ad una visione pluridisciplinare per giustificarne l'esistenza e la ragione che, in definitiva, ne determina il gradimento, e la costante richiesta, da parte della società.

(tratto da: P. Giardiello, iSpace, oltre i nonluoghi, Siracusa 2011)