Esistono fenomeni, cose o situazioni che si diffondono e si evolvono ben oltre le aspettative e le previsioni per cui sono nati o progettati. Tali eventi spesso hanno inizio senza che gli venga dato un nome preciso e, in alcuni casi, man mano che trovano una loro precisazione, e quindi sono riconosciuti ed identificati con un'espressione determinata, si modificano e si sviluppano ulteriormente in modo da non corrispondere più alla primitiva definizione. L'architettura realizza strutture strettamente legate a specifiche funzioni – fabbrica, edificio per uffici, ospedale – ovvero luoghi conformati per accogliere nuovi mezzi di trasporto - aeroporti, autorimesse – o per permettere l'utilizzo di nuove invenzioni destinate all'uomo – cinema, sale per concerti, mediateche – per i quali lo sviluppo morfologico e tipologico dipende strettamente dalla modificazione e dall'aggiornamento degli strumenti o dei mezzi che “contengono” o a cui sono destinati. L'evoluzione di un luogo fortemente caratterizzato dalla sua funzione e dalle tecnologie che la supportano è quindi organica e va necessariamente di pari passo con le mutate necessità strutturali le quali, a loro volta, coincidono con i bisogni e le aspettative degli utenti sempre più informati ed esigenti. In altri casi, invece, le modalità di intendere e recepire alcuni tipi di destinazioni d'uso vanno a modificarne lentamente lo stesso significato e quindi il conseguente modo di usufruirne, così che le successive variazioni morfologiche e linguistiche non scaturiscono solo dalle necessità insite nello sviluppo naturale del processo funzionale, bensì dalla lettura e dall'interpretazione che la società fa di quel luogo di relazioni e di appagamento di bisogni. Nella nostra contemporaneità non esistono più “funzioni” forti, esplicite, identificabili. Non riscontriamo più cioè luoghi destinati allo svolgimento di azioni o al soddisfacimento di bisogni così diretti o univoci. Forse non esistono più neanche bisogni primari o essenziali e tutto diventa interazione, contaminazione, compresenza. Principi non negativi, anzi coerenti e del tutto in linea con le aspettative della società che richiede sempre più velocità , semplicità , polifunzionalità degli oggetti come dei luoghi, delle prestazioni come delle emozioni. Per cui la risposta multipla e simultanea a diverse esigenze dell'uomo, corrisponde oggi a luoghi non facilmente identificabili con un unico significato, di cui, in definitiva, è difficile delineare un solo stile; edifici dal carattere meno forte, ma certamente più complesso e sfaccettato, che richiedono quindi espressività cangianti e complesse. Luoghi che comunque prendono le distanze dalla definizione stessa di spazio architettonico inteso in senso tradizionale, arricchendosi di stimoli e suggestioni non provenienti dal mondo dei rapporti consolidati, delle relazioni codificate, ma che assumono caratteri e proiezioni derivanti dalle nuove dinamiche di relazioni sociali che, a dispetto della critica, determinano il successo e il gradimento di luoghi in continua e incessante mutazione ed evoluzione.
Per chi progetta cercare la corrispondenza diretta tra forma e contenuto, tra significato e significante, diventa così impossibile, in quanto ogni affermazione definitiva appare interrompere il flusso delle mutazioni e delle sovrapposizioni di sensi, e quindi risultare immediatamente obsoleta.
Acquisire invece come dato progettuale l'instabilità ed il cambiamento significa trovare il giusto abito per rendere agevole lo svolgimento delle funzioni richieste e comunicare la complessità e la mutevolezza del proprio tempo.
Quanto detto è applicabile al caso contemporaneo di quei luoghi polifunzionali che non hanno una funzione univoca ma che svolgono un ruolo determinante nella vita di ogni giorno: luoghi del commercio sempre più connessi ad altre funzioni legate allo svago o alla cultura, luoghi della mobilità compromessi con centri commerciali, luoghi della cultura e della conservazione dei beni artistici annessi a spazi per il commercio o per la ristorazione, luoghi per il divertimento a cui si aggregano spazi per la cultura, per il sociale, per la famiglia. Luoghi insomma che non nascondono il loro fine commerciale o culturale o di infrastruttura per cui nascono – e che rappresenta anche il motore economico che li fa funzionare – ma che reputano necessario attrarre pubblico gratificando un'aspettativa di commistione e compresenza di bisogni e di necessità che vogliono essere soddisfatti nel medesimo istante e nello stesso luogo. A tali spazi del quotidiano non è più applicabile il tradizionale concetto di luogo, e neanche quello di nonluogo, e si deve ricorrere ad una visione pluridisciplinare per giustificarne l'esistenza e la ragione che, in definitiva, ne determina il gradimento, e la costante richiesta, da parte della società .
(tratto da: P. Giardiello, iSpace, oltre i nonluoghi, Siracusa 2011)