Oggi non è più così e, accedere in uno showroom di componenti per l'architettura, è come entrare in un negozio di alta moda dove scegliere una stoffa o un modello di abito significa soddisfare una esigenza di stile piuttosto che assolvere il bisogno di proteggersi dal caldo o dal freddo.
L'architettura evidentemente, oggi, si offre nuda, un corpo perfettamente idoneo a soddisfare i bisogni che l'uomo esprime, e si lascia vestire dal gusto del tempo, dalla moda, dal capriccio del singolo progettista o fruitore che sia. Più precisamente la ricerca scorre su due binari diversi: quella finalizzata a costruire tale corpo - la struttura, gli impianti - e quella destinata all'individuazione e definizione di ciò che ricoprirà tale organismo, abito o pelle che sia, che a volte potrà risultare coerente con ciò su cui è posto, altre volte si renderà autonomo fino a negare le proprietà stesse dell'impalcato soggiacente.
Quello che un tempo era un semplice rivenditore di rivestimenti, di piastrelle, di pietre naturali, di facciate ventilate, che si limitava a fare considerazioni sulla manutenzione e durabilità, resistenza e usura dei materiali, lasciando al committente eventuali considerazioni sul gusto, è oggi un suggeritore di sogni da materializzare, un creatore di spazi intesi come set in cui fermare istantanee glamour di una vita sperata. A guardare bene tali luoghi, sempre più ricchi, sempre più attraenti, non c'è più un materiale che è o che fa se stesso, la pietra non è di pietra e il legno spesso è fatto di altro, per non parlare dei materiali innovativi, materiali sintetici, di ricerca, creati in laboratorio o derivati dal recupero di prodotti riciclati. Tutto è fatto con sostanze sofisticate e tecnicamente inappuntabili che imitano materiali che non si usano più o materie e tecniche desunte da altri settori: superfici come stoffe, come vetri, come metalli, come acqua o semplice luce. Ciò che storicamente è rigido e duro si ammorbidisce e avvolge, ciò che è stato sempre freddo diviene caldo e accogliente, ciò che era impalpabile oggi è solido e resistente. Frammenti di scenografie capaci di disegnare sensazioni, indurre emozioni, costruire l'irrealizzabile.
I formati stessi sono inquietanti, lastre dalle misure enormi, praticamente senza limiti, e spessori sottilissimi, impercettibili, ovvero inaspettatamente doppi grazie a sostanze leggerissime, cave, alveolari.
In tale offerta così allargata è sempre più necessario che il progettista rivendichi il suo ruolo di colui che è in grado di controllare l'intero processo costruttivo fino all'ottenimento di un effetto, di un risultato estetico e comunicativo, coerente e definito dai contenuti che l'architettura intende esprimere. L'architettura, i suoi spazi interni, la città stessa e il paesaggio costruito, storicamente sempre hanno cercato l'abito attraverso cui raccontarsi. Sia esso stile, decorazione o linguaggio, siano espressioni di derivazione tettonica, pittorica, grafica o artistica, in ogni caso costruire ha comportato la scelta di un aspetto formale capace di comunicare con l'uomo, in grado di tradurre in un sistema di segni chiari e comprensibili la descrizione dei contenuti impliciti nello spazio, nella forma, nelle misure e nelle armonie proprie della sua struttura.
Tale processo tuttavia, governato dal progettista, non è mai stato così alla portata di tutti come lo è oggi, non è stato mai tanto autonomo dall'idea complessiva, dal portato funzionale che l'architettura esplicita alla società per cui è pensata. Questo comporta che ciò che era “l'abito pensato per l'occasione”, e cioè la definizione stilistica e linguistica più adatta a quel manufatto, in quel tempo, in quel luogo, per quelle persone, possa diventare, in taluni casi, un vestito usa e getta, da cambiare col cambiare della moda, da sovrapporre, anche a costo di essere in contraddizione, alle aspettative del corpo architettonico. Se l'opportunità progettuale che ne deriva è quella di riuscire a seguire le prospettive sociali variabili e in evoluzione, di conformare l'informale, di congelare l'attimo in trasformazione, il pericolo invece che ne consegue è quello di una mancanza di controllo rigoroso attraverso il progetto; cioè che tale varietà ed offerta, tale immediatezza della tecnica, possa acclarare la scissione totale tra ciò che è e ciò che appare, tra il contenuto di quello che la società richiede come indispensabile per il soddisfacimento dei suoi bisogni e la forma, effimera e fine a sé stessa, con cui si palesa.