Il giovane architetto aspira a
“costruire”, a materializzare spazi atti a soddisfare precise
esigenze funzionali. L'architetto più maturo, invece, sa che il suo
compito è quello di dare forma al “bisogno di abitare”,
predisporre luoghi con cui rispondere all'istinto di protezione, di
condivisione e di relazione. L'architetto, infatti, capisce col tempo
e l'esperienza che il suo dovere non è solo di organizzare spazi
adeguati, commisurati e funzionali, dalle idonee prestazioni e
dotazioni, ma è piuttosto di assecondare il primitivo istinto di
“abitare un luogo”, di costruire un sistema sensibile capace di
divenire la scena dove far svolgere all'uomo - al meglio - la sua
vita. Non si tratta cioè di ordinare luoghi capaci di soddisfare
solo bisogni ed esigenze pratiche che, nella loro genericità,
potrebbero risultare estranei ai futuri utenti, ma di dare vita a
desideri e aspettative, costruire significati e trame narrative che,
a partire dai segni e dai sensi della tradizione rapportata al tempo
in cui si vive, consentano di comprendere e farsi comprendere, di
sentire e di esprimere il proprio punto di vista, di lasciare cioè
tracce evidenti dell'essere nel mondo.
Volendo guardare il problema da un
altro punto di vista, si può dire che “possedere una casa”,
costruirsela o farsela costruire, non implica direttamente il
“sentirsi a casa”. Il senso del possesso si realizza attraverso
il riconoscimento (e la delimitazione) di un ambiente specifico,
distinto dagli altri, di cui si ottiene l'uso esclusivo, mentre la
percezione piena e completa dei principi dell'intimità, del privato
- in una parola del domestico - si ottiene attraverso il
riconoscimento di valori e significati capaci di evocare l'istinto
dell'abitare che, secondo il pensiero heideggeriano viene prima della
capacità o dell'attitudine a costruire.
Una residenza - una casa - è prima di
tutto un luogo dove dimorare, uno spazio dove riconoscersi e da cui
farsi riconoscere, capace di stimolare azioni, pensieri e ricordi, è
la forma materiale delle proprie memorie, dove conservarle e dove
costruirne di nuove.
Per tale ragione progettare una casa
significa, dando per scontato l'impegno ad assolvere i bisogni
primari espressi da chi l'abiterà, esprimere l'idea di domesticità
propria del tempo in cui si vive. Non attraverso stilemi o linguaggi,
non utilizzando strumenti o tecniche, ma individuando il significato
più profondo capace di sostanziare le semplici azioni che regolano
il quotidiano, rileggendo concetti come intimità o condivisione,
autonomia o partecipazione, alla luce della cultura e delle
aspettative del mondo in cui si vive.
L'architettura è infatti il mezzo e
non il fine del lavoro dell'architetto, è cioè lo strumento
attraverso il quale raggiungere l'obiettivo di permettere all'uomo di
esprimere al meglio i propri desideri in un contesto spaziale
significante e commisurato alle sue esigenze. L'architettura non
dovrebbe mai essere autoreferenziale, esprimere e rappresentare solo
sé stessa, assecondare mode o stilemi, specialmente quando si parla
di spazio domestico che è il luogo più intimo a cui si è chiamati
a dare forma. Lo spazio infatti non è mai ingenuo, non esiste
architettura innocente, i luoghi attraverso la loro conformazione e
definizione influiscono sulla vita, sulla percezione, sulle azioni e
sulle relazioni stesse che vi si svolgeranno.
Storicamente, a quella architettura che
si limita a essere la risposta coerente al proprio tempo, ponendosi
come diretta declinazione degli stili di vita e delle relazioni
sociali e delle abitudini consolidate, si pone criticamente in
alternativa quella che tenta di anticipare i cambiamenti culturali di
cui già si percepisce la portata e la forza, immaginando gli scenari
abitativi prossimi che altereranno ciò che, invece, appare solido ed
inamovibile. L'architettura attenta alla vita dell'uomo si è sempre
messa in discussione, talvolta addirittura provocando e accelerando
processi di rinnovamento e di trasformazione dei costumi di una
società talvolta non attenta al valore dei processi di
attualizzazione dei propri contenuti.
Immaginare, oggi, lo spazio della
residenza richiede pertanto un'accurata analisi dei comportamenti
richiesti dalla collettività, ma anche la previsione di come questi
muteranno a causa di un andamento delle forme di comunicazione, delle
capacità relazionali, del tipo di bisogni espressi che, in altri
campi della vita dell'uomo, hanno già sollecitato la ricerca di
nuove soluzioni.
Lo schematismo di alcune tipologie,
apparentemente atte a risolvere esigenze stratificate nel tempo, non
corrisponde più oggi alla palese necessità di continui, rapidi
quanto semplici, adattamenti a condizioni sempre diverse che
provengono progressivamente dalle relazioni interpersonali; così
come la precisa determinazione funzionale di alcuni luoghi perde di
significato se si fa riferimento alla rivoluzione imposta da
strumenti e tecnologie, anche di brevissima durata, che incidono in
maniera sostanziale sulle aspettative del singolo. Tutto ciò che è
materiale inoltre deve fare i conti con una sempre più pressante
invadenza della realtà immateriale capace di risolvere la
quotidianità, generando comportamenti ed atteggiamenti mai visti
prima.
Immaginare oggi le strategie
progettuali per gli spazi domestici significa passare dalla
costruzione di figure precise, corrispondenti a esigenze chiare
quanto stabili, alla composizione complessa di trame intrecciate,
capaci di fornire soluzioni plausibili ad ogni nuovo impulso
derivante dalle prossime trasformazioni. Un tessuto realizzato dalla
sovrapposizione di possibilità tutte compresenti che devono dare
risposta ad una società multiculturale, multireligiosa e
multietnica, a differenti fasce di età sia esse autonome che in
simbiosi, a gusti e ideologie non codificabili, a pratiche di vita
condizionate dal transitorio, dalla provvisorietà, dalla assenza di
obiettivi fissi e duraturi.
Se un tempo l'espressione “casa dolce
casa”, scritta con caratteri aggraziati, faceva bella mostra di sé
in un quadretto posto su una parete della propria abitazione a
indicare come questa potesse rappresentare il punto di arrivo, capace
di assolvere per sempre ogni esigenza, oggi l'unico riferimento
possibile, per trovare un'analogia con il nostro quotidiano, è
quello di immaginare la propria residenza come uno strumento
flessibile e potenzialmente capace di dare ogni risposta purchè
personalizzabile e capace di divenire l'immagine stessa del proprio
modo di concepire l'abitare; né più né meno di un tablet o di uno
smartphone che hanno dotazioni base ma che si possono arricchire di
app o gadget, e comunque possono avere come sfondo o salvaschermo la
foto più intima che appartiene alla memoria del singolo, ai suoi
ricordi, in grado di esprimere sogni e futuri prossimi in cui trovare
altre icone in grado di sostituire le precedenti.