Dire "vetro" significa parlare delle sue qualità. Prima di tutte la trasparenza, peculiarità quasi magica, per la quale un materiale si lascia trapassare dallo sguardo, per cui un elemento racchiude o separa senza interrompere la percezione di ciò che è posto oltre. Poi il processo realizzativo, che vede tale materiale passare dallo stato liquido ad uno viscoso plasmabile e poi alla consistenza finale solida, eppure così eterea, fragile e preziosa. Processo che, grazie a sapienze artigianali antiche, permette di ottenere le forme più diverse, assecondando immaginazione e creatività.
Parlare del vetro significa trattare della luce, che ne muta la sostanza, che ne riflette i contenuti, che ne disegna, in maniera imperfetta, limiti e profili.
In architettura, nel progetto di interni e nel design, il vetro è scelto proprio grazie a tali peculiari caratteristiche, che permettono di manipolare il senso dell'abitare e la consistenza stessa delle cose.
Una struttura di vetro può infatti essere considerata uno spazio concluso dal punto di vista fisico ma, lasciando inalterato il rapporto visivo con l'intorno, realizza una condizione psicologica che altera, anzi inverte, i valori stessi dell'interno.
Simile è il rapporto con gli oggetti, i complementi di arredo e le finiture che l'uomo decide di costruire in vetro. Se le "cose" si presentano all'uomo attraverso la loro forma e il loro aspetto materiale, un prodotto in vetro invece appare immateriale, impalpabile, quasi privo di consistenza fisica. Un oggetto in vetro non si limita ad esprimere le proprie peculiarità cromatiche o di trattamento delle superfici, esso include altro, prevede la partecipazione di ciò che contiene, che lascia filtrare, che permette di intravedere. Non è quindi un oggetto “finito” ma un attrattore di ulteriori situazioni o elementi che ne completano il significato. La luce per una lampada, il liquido per una bottiglia, i fiori per un vaso, non sono semplicemente ciò che quell'oggetto può accogliere, ma sono parte integrante del progetto del vetro, sono elementi che ne completano il significato e che quindi sono previsti fin dalla fase ideativa.
In tal senso il design del vetro è la messa in scena di relazioni tra materie diverse, è la predisposizione di eventi fatti di luce artificiale e naturale, di riflessi, di colori che vanno a proiettarsi su altri materiali, in un caleidoscopio infinito di forme ed arcobaleni.
Progettare il vetro non significa definire una morfologia stabile, quanto piuttosto prevederne un ruolo mutevole, spesso di regista, tra le altre cose e nello spazio di vita dell'uomo. Significa non immaginarlo per quello che è, ma per quello che è in grado di “fare”.
Forse proprio per queste suggestioni il vetro è, nella contemporaneità, usato anche per dar vita ad oggetti che storicamente non lo contemplano: poltrone, sedie ma anche tavoli e mobili, per non parlare di scale, parapetti o soffitti. Tecniche raffinate oggi permettono di dotarsi di simili componenti quasi immateriali, capaci tuttavia di dialogare con la fisicità degli utenti. Fantasmi che si fanno toccare e usare. Esperienze che innescano un gioco di stupore e di spaesamento, di emozione e di partecipazione imprevista e che offrono ulteriori potenzialità ad un materiale sempre vivo e presente nella storia dell'abitare.