L'avvento della tecnologia informatica,
del digitale e della “rete” internet, ha modificato
sostanzialmente il nostro quotidiano, costruendo un mondo in cui,
secondo una espressione diffusa, siamo sempre “connessi”. I nuovi
apparati elettronici, i nuovi oggetti che ci circondano, hanno
infatti aumentato le possibilità di comunicazione e di conoscenza,
di informazione e di scambio di opinioni ma, soprattutto, ci hanno
reso parte di un “sistema” in cui si è costantemente collegati a
coloro o a ciò che abbiamo scelto di seguire e aggiornare. Tale
principio di “connettività” ha modificato il senso stesso delle
relazioni interpersonali, del diritto all'informazione, della
conoscenza e della possibilità di raccogliere dati e nozioni,
alterando la sostanza reale di stati come la “solitudine”, la
“percezione” o l' “esperienza”.
La domotica, letteralmente la robotica
applicata alla casa, e cioè la diffusione e la declinazione di tali
tecnologie in ambito domestico, pur avendo raggiunto potenzialità
impensabili, nella prassi corrente, è stata utilizzata
prevalentemente ancora solo per il controllo degli strumenti che
contribuiscono al confort abitativo, per gli oggetti che animano lo
spazio, per la gestione a distanza degli impianti e quindi per la
verifica in tempo reale dei requisiti e delle prestazioni delle
componenti tecnologiche.
Se cioè il mondo, grazie alle nuove
tecnologie, è diventato un luogo di scambio, a ogni livello, di
legami e di contatti interpersonali sempre più intensi, di
conoscenza e approfondimento di interessi e passioni, di
partecipazione a ideali, la casa invece - come i principali spazi
destinati alle varie attività dell'uomo - è diventata
principalmente uno “strumento” sempre più controllabile, più
performante, più personalizzabile, più adeguato alle esigenze,
insomma più complesso ma più facilmente gestibile.
Parafrasando uno slogan caratteristico
del Movimento Moderno, se la casa agli inizi del XX secolo poteva
essere intesa, grazie alla rivoluzione tecnologica del tempo e in
aderenza ai cambiamenti della società, come una “macchina da
abitare”, oggi essa si sta conformando sempre più come un
“computer da abitare”, uno strumento elettronico sofisticato
capace di soddisfare ogni esigenza espressa dal contemporaneo, anche
la più ardita.
Eppure, se la “macchina da abitare”
del secolo scorso non voleva affermare solo l'avvento di innovazioni
tecniche quanto, piuttosto, suggerire uno “stile di vita”
adeguato ai tempi in evoluzione corroborati da nuove opportunità
offerte dal “moderno” in arrivo, il “computer da abitare” con
cui oggi ci confrontiamo, non è ancora foriero di nuove modalità
insediative e relazionali, quanto solo di un totale controllo degli
apparati e delle componenti, ovvero di integrazione e dialogo tra gli
stessi, che attrezzano e qualificano gli spazi in cui vivere.
La ricerca scientifica e tecnologica
oggi sta invece cercando di imporre una reale inversione di tendenza
e quindi proporre un rinnovato significato del ruolo della domotica
nella vita dell'uomo: dal controllo e comando degli apparati si sta
giungendo ad una reale interattività e ad un dialogo con essi. Il
futuro che si sta progettando è quello in cui gli oggetti non solo
saranno sempre più obbedienti e a nostra totale disposizione, ma
saranno in grado di “parlarci”, di “richiamare la nostra
attenzione”, nel senso che saranno gli oggetti, conoscendo i nostri
gusti ed esigenze, a stimolarci, ad invitarci, a suggerire, a
proporre. Tale cambio di atteggiamento, già percorribile
tecnologicamente, e in essere nel mondo immateriale di internet, è
prossimo ad invadere il nostro quotidiano, la nostra vita reale.
I prodotti ci riconosceranno, o meglio
riconosceranno un nostro apparato - smartphone, tablet o semplice
card dotata di chip che sia - e quando saremo presso di loro,
apprendendo chi siamo e cosa desideriamo, ci proporranno offerte e
opportunità, magnificando le loro qualità in tempo reale,
invitandoci a provarli, a comprarli, a studiarli o semplicemente a
conoscerli e utilizzarli. Gli oggetti, gli spazi, le istituzioni ci
contatteranno sapendo i nostri gusti ed esigenze, bisogni e
aspettative e, se glielo avremo consentito, ci daranno ogni tipo di
informazione sulle loro caratteristiche attraverso confronti con
altri prodotti o luoghi o situazioni simili.
Questo non solo quindi in campo
commerciale, ma in tutte le attività quotidiane: in un museo o in
una esposizione temporanea saranno le opere d'arte a raccontarci
spontaneamente la loro storia e adeguarla al nostro interesse e
livello di approfondimento, così come durante la visita ad una città
i monumenti stessi ci daranno informazioni culturali, orari di
apertura, costo del biglietto di accesso, tempi di fruizione,
organizzando quindi la nostra visita nel giorno e nel momento giusto,
leggendo i nostri impegni e il nostro programma di viaggio. Come
anche i luoghi di ristoro e divertimento sapranno ricordarci da
quanto tempo non ci fermiamo a fare una pausa, a degustare un caffè,
esaltando le caratteristiche dei prodotti e del servizio a nostra
disposizione. Insomma in albergo sapranno già cosa desideriamo per
colazione; i luoghi di transito ci ricorderanno di comprare il
giornale, il binario o il gate a cui andare e il tempo che manca alla
partenza; una automobile ci disegnerà il migliore tragitto
conoscendo le nostre abitudini e confrontandole con il traffico; una
biblioteca ci aiuterà a scegliere cosa studiare o leggere; un treno
saprà che musica preferiamo e come siamo soliti accomodarci in una
poltrona, provando magari a convincerci che, per una volta, scendere
in una tappa intermedia significa vivere una esperienza inattesa e
certamente di nostro gusto.
Questo futuro, fatto di una
applicazione diffusa e capillare di tecnologie semplici, è oggi già
potenzialmente in atto, necessita solo di interfaccia semplici e
comprensibili e modificherà sostanzialmente le nostre abitudini,
cambierà radicalmente il rapporto tra l'uomo e le cose, tra le
azioni da compiere e i bisogni da soddisfare.
All'interno di tali nuove relazioni
l'architettura deve sapere accogliere la sfida e riuscire ad
adeguare, anzi rinnovare, gli spazi destinati alla vita dell'uomo.
Non si tratterà infatti di calare nuovi oggetti o strumenti nelle
vecchie conformazioni spaziali, ma di capire come dare nuova forma e
significato a luoghi in cui l'interattività cancellerà confini tra
bisogni e desideri, tra azioni e reazioni, tra pubblico e privato,
tra reale e virtuale, tra intimo e condiviso.
Non è immaginabile infatti che tale
rivoluzione non alteri gli spazi e il loro uso, non modifichi l'idea
di chiuso e aperto, di interno ed esterno, forse addirittura di luogo
stesso in quanto l'essere in un determinato posto sarà solo uno dei
parametri in gioco, non più così indispensabile, così assoluto. La
personalizzazione dei luoghi andrà di pari passo alla interazione
tra gli oggetti e gli utenti, tra il loro aspetto simbolico e formale
e il loro effettivo uso. Certamente lo spazio non potrà rimanere
indifferente, dovrà essere sostanza e forma del “computer da
abitare”, luogo di dialogo tra persone e cose, scena di relazioni
non più immediatamente tangibili sebbene supportate da desideri e
aspettative forti e consolidati.