cos'è architettura & co.

architettura & co. è stato pensato da paolo giardiello per mettere a disposizione di tutti, in particolare dei suoi studenti, i propri scritti, ricerche e riflessioni sull'architettura. il blog contiene testi pubblicati, versioni integrali di saggi poi ridotti per motivi editoriali, scritti inediti o anche solo riflessioni e spunti di ricerche. per questo non ha un ordine determinato, non segue un filo logico, ma rappresenta solo la sequenza temporale di occasioni in cui parlare di architettura, prima di farla "parlare", come invece dovrebbe, normalmente, essere.

22 marzo 2016

Tipi significanti e modelli del significato



Il significato etimologico del termine “tipo” è riassumibile nel concetto di “impronta”, pertanto è comprensibile che, per chi studia i valori dell'interno architettonico, non conti tanto l'aspetto, la dimensione, la morfologia della traccia visibile, di “ciò che rimane impresso”, quanto invece interessi tutto ciò che è in grado di definire, di produrre, di sostanziare tale “stampo” tangibile. Il progetto dell'interno, infatti, non si pone come fine la forma dell'involucro che delimita lo spazio (pur intervenendo sulle sue specificità) ma lo spazio stesso, inteso come materia, come sostanza corporea determinata delle esigenze fisiche e psicologiche dell'uomo.
Le teorie semiotiche applicate all'architettura, che considerano cioè l'architettura un segno dotato di significato e forma significante, ritengono che la parte fisica tangibile del manufatto architettonico rappresenti il “significante”, mentre ciò che lo determina concettualmente, ciò che lo conforma, sia il suo “significato” che risiede nello spazio interiore, in ciò che non è materico ma che rappresenta la ragione più profonda per cui l'architettura si pone in essere.
L'architettura degli interni, per usare una definizione canonica, ricerca e studia il significato dell'architettura, e cioè i valori dello spazio abitato, i rapporti che si instaurano tra gli utenti e l'ambiente costruito; quindi non il tipo inteso come impronta, ma ciò che ha impresso, costruito e determinato quella forma, tutto quello che ha plasmato dall'interno la materia affinché costruisse tali margini e strutture percepibili e fruibili: la forma della vita dell'uomo.
Non è infatti qualcosa di materiale, di misurabile, di rappresentabile che determina lo spazio da abitare, è la necessità che ha l'uomo di insediarsi, le sue esigenze, aspettative e speranze, sogni e ambizioni, consuetudini e relazioni che sostanziano il vuoto rintracciabile in un qualsiasi involucro, rendendolo, grazie ai contenuti, “spazio architettonico”, “spazio da abitare”, attraverso la modellazione dell'invaso che ne diventa l'impronta leggibile e codificabile.
Per le discipline degli interni, quelle che contribuiscono al progetto dell'interno architettonico, il tipo, inteso come modello fisico della struttura architettonica che definisce lo spazio, ha relativa importanza, se non come espressione formale di quei “modelli di vita” che sono il vero oggetto di interesse, e delle ragioni dell'abitare che li hanno determinati. E' quindi ad un diverso sistema logico entro cui ordinare i luoghi di vita che, chi progetta l'architettura vista dall'interno – espressione con cui è stata definita la disciplina sin dalla fondazione della facoltà di architettura napoletana – fa riferimento: un sistema che parte dall'uomo, dalla società che in cui vive, dalle sue abitudini e dalle usanze del suo tempo e del luogo in cui è. Modello, per quanto immateriale, che è “progettabile”, in quanto determinato dalle scelte oggettuali e materiche che lo renderanno possibile.
Tipo architettonico e modello di vita, nel tempo, non sono sempre andati di pari passo: i modi di abitare spesso si sono dovuti adattare a forme di spazio, ad impianti compositivi obsoleti, tuttavia resistenti e persistenti, così come innovazioni linguistiche e distributive sono state proposte troppo in anticipo sui tempi che hanno accettato con riluttanza le innovazioni suggerite dagli architetti.
Solo per fare un esempio, lo spazio domestico, dalla fine dell'Ottocento a oggi, ha visto cambiamenti di stili di vita, di relazioni sociali, di convivenza, supportate da innovazioni tecniche e tecnologiche sempre più incalzanti, oltre che spesso impensabili, che hanno inciso a fondo nel modo di intendere il modello di “casa” contemporanea. I cambiamenti che gli oggetti, gli strumenti tecnologici, le dotazioni domestiche, i mezzi di comunicazione hanno imposto all'organizzazione dell'alloggio, hanno alterato la concezione dei luoghi in cui vivere e conseguentemente le modalità relazionali, le azioni, le abitudini, le modalità di informazione e apprendimento; in una parola la cultura contemporanea.
In tale scenario, la “cultura dell'abitare” è riuscita a tenere il passo delle innovazioni della tecnica, conformando gli spazi ai nuovi modi di relazionarsi con gli oggetti e tra le persone, solo fin quando il “nuovo” è stato “accoglibile” da ciò che già c'era, dai modelli abitativi consolidati, spesso seguendo e non anticipando i cambiamenti, comunque ammettendo una profonda revisione dei sui principi. E' con il nuovo millennio che la cultura tecnologica ha imposto una tale accelerazione che ha del tutto stravolto stili e modelli di vita, richiedendo nuovi scenari abitativi che la cultura architettonica contemporanea fatica a definire, a immaginare, alterando l'instabile equilibrio tra tradizione e innovazione, tra revisione e rivoluzione.
La “tradizione”, intesa come il fluire continuo e ininterrotto della storia, implica il passaggio da un antecedente ad un conseguente attraverso un processo di “conservazione e innovazione” grazie al quale è possibile inserire il passato nel presente. Il processo di “innovazione” comporta che ciò che appartiene al passato non sia mai stabile o inamovibile e che grazie al processo di mutamento ed evoluzione i valori originari giungano nel presente. Anche la “rivoluzione”, diretta o indiretta, indotta o causale, tecnologica, civile, politica o morale, per quanto proclami cesure con tutto ciò che l'ha preceduta, in realtà non è mai un definitivo momento di rottura col passato in quanto, compito di ciò che è rivoluzionario, non è quello di annullare ogni memoria, ma di operare delle scelte ben precise, selezionare, secondo il proprio punto di vista, quanto deve essere abbandonato e quanto rinnovato, rivalutato e rinvigorito nei contenuti, su cui fondare il nuovo. Ogni rivoluzione “sceglie”, non cancella, esattamente come la tradizione che “seleziona”, tra ciò che resiste al tempo, quello che merita di essere consegnato al futuro. Le due azioni, in fondo, coincidono.
Questa puntualizzazione, per affermare che la cosiddetta “rivoluzione informatica” e digitale che caratterizza l'attualità – e che ha messo in discussione ogni tipo o modello abitativo – è solo un momento di cambiamento e non di perdita del portato tradizionale al quale l'architettura è chiamata a dare forma coerente, costruendo spazi intesi come scena di vita e non come contenitori, privi di significato, di oggetti sempre nuovi. Spazi che forse non devono esprimere valori sociali e individuali troppo diversi dal passato ma che certamente – e in questo si devono porre in chiave rivoluzionaria selezionando ciò che intendono traghettare verso il futuro – devono avere morfologie, dimensioni e relazioni inedite, coerenti col presente.
Il modello oggi da perseguire, rispetto la stabilità e la permanenza dei comuni valori dell'abitare tipologicamente intesi, é quello di offrire una “instabilità progettabile”, una mutevolezza controllata, una variabilità espressiva capace di conformare spazi flessibili e mutevoli. Luoghi definiti dove sperimentare sensazioni ed emozioni e non dove subire stimoli indotti o obbedire a comportamenti genericamente codificati, dove incrementare gli incontri e l’affermazione delle proprie scelte individuali e non dove amplificare le proprie solitudini attraverso l’iterazione di ritualità posticce, dove comunicare e conoscere, dove studiare e mettere in gioco le proprie esperienze vissute.
Il “modello” del prossimo futuro dovrà essere capace di dare vita a spazi reali, fisici e tangibili, in cui riuscire a ricostruire il dinamismo, la flessibilità e la creatività insita nei “luoghi virtuali” che già invadono e condizionano i nuovi sistemi di relazioni sociali e di comunicazione. Tali luoghi virtuali, privi di sostanza materiale, nati inizialmente sulle consuetudini e sulla comprensione del mondo, plasmati dall'esperienza e dalla conoscenza sensoriale, si sono poi evoluti e consolidati in una dimensione mentale più che fisica, di rapporti aperti e liberi più che di gerarchie sociali. I cyber-luoghi, da emanazione della realtà, oggi sono gli strumenti per influenzarla, modificarla, concepirla in maniera innovativa. La realtà materiale oggi non può prescindere dell'interazione appresa nella dimensione virtuale, dallo scambio tra cose e cose, tra persone e persone, e tra cose e persone, diventato consuetudine.
L'interattività implica, infatti, la possibilità di scegliere, di costruire autonomamente il sistema di azioni e informazioni di cui si necessita, conformando, a proprio piacimento, oggetti o spazi in cui il fruitore, da spettatore passivo, diventa artefice delle scelte che intende fare e del carattere dell'ambiente in cui desidera vivere. Una interattività reale, e non usata come mero slogan, può portare a luoghi e modelli di vita diversi da fruitore a fruitore, di giornata in giornata, insomma a spazi “progettati” di volta in volta da ogni visitatore.
E' evidente che la società odierna richiede spazi in cui vivere, con soddisfazione, qualsiasi condizione: sia di anonimato volontario, sia di partecipazione attiva, scegliendo se interagire e quando, per esprimersi o per comunicare con altri. Gli stessi nonluoghi, ritenuti unanimemente privi di identità spaziale, con le loro deformazioni della realtà, con la banalizzazione dei sistemi relazionali, hanno involontariamente assecondato e dato forma al mutare delle attese della società ben più dei più nobili “luoghi”, prodotti da una architettura sempre più distante, negli ultimi anni, dai desideri elementari, ma condivisi, dei singoli individui.
Le potenzialità dell'interazione tra uomo e spazio, tra conformazione fisica di questo e scelte personali, possono riferirsi ai comportamenti propri della virtualità, suggerendo una partecipazione diretta del singolo, affinché la parte privata, che si vuole demandare al pubblico, sia controllata e misurata direttamente dall'utente e non filtrata da strategie imposte.
Chi progetta non può più arroccarsi nei propri confini disciplinari e perdere di vista le potenzialità – compresi i rischi – delle modalità di relazione desunte da modelli immateriali. L'obiettivo è di annullare confini tra esperienze considerate distinte, rendere personali ed interattivi i luoghi collettivi, espandere il senso di appartenenza e del privato, permettere cioè agli spazi dell'architettura, che già di per sé realizzano un'emozione sensoriale, cognitiva e percettiva complessa e completa, di assecondare sogni e speranze in tempo reale, traducendo la tecnica in eventi utili alla significazione e declinazione, in tutte le sue forme, dello spazio da abitare.
E' quindi indispensabile rintracciare modelli abitativi carichi di personalità, non più concentrati asettici di funzioni dove assolvere solo bisogni, ma luoghi significanti dove trascorrere in maniera creativa e libera il proprio tempo. E' compito di chi progetta e di chi fa ricerca spostare l'attenzione dalla tipologia e morfologia del luogo alla sua flessibilità e adattabilità, dalla comunicazione diretta tra luogo e utente alla possibilità di tessere relazioni e connessioni inedite con lo spazio in cui si è, e nel contempo con altri spazi analoghi dotati delle stesse potenzialità, dalla delimitazione e perimetrazione di funzioni definite alla apertura verso esigenze e bisogni attraverso i quali comprendere la realtà e comunicare il proprio essere tra gli altri, dove coltivare l’utopia di un ambiente adatto a tutti e capace di raccontare adeguatamente il proprio tempo.
L'architettura che é sempre stata in prima linea nel dare risposte alle richieste dell'uomo oggi si trova a rincorrere uno sviluppo delle aspettative e dei rapporti sociali imprevisto e forse sottovalutato. Il progetto di interni, proprio per la sua vicinanza all'uomo può contribuire ad abbandonare ricerche eccessivamente autoreferenziali e autorappresentative e portare nuovamente il dibattito verso soluzioni efficaci, a misura d'uomo, calzanti con i suoi desideri, rivoluzionarie per semplicità e coerenza con quanto richiesto dalla società in cui viviamo.