I maestri dell'architettura moderna,
nel ricercare i linguaggi più consoni a rappresentare la loro
contemporaneità, prendendo le distanze da apparati linguistici
considerati superati, si sono dovuti confrontare anche con l'avvento
di nuove funzioni e esigenze, quindi di spazi mai pensati prima,
senza precedenti o tipologie di riferimento. Se il domestico
rinnovato rappresenta comunque un nuovo modo di interpretare la
tradizione consolidata dell'abitare, i luoghi del lavoro, invece, al
pari di altre funzioni legate alle invenzioni e alle scoperte
dell'inizio del XX secolo, sono da immaginare totalmente. Sia i
luoghi di lavorazione e produzione, che hanno qualche precedente
nelle fabbriche della prima rivoluzione industriale, che gli uffici e
i laboratori, devono trovare una forma dello spazio adeguata, prima
ancora di individuare un linguaggio esteriore con cui presentarsi e
affermarsi. Il Moderno infatti, nel ricercare una nuova espressività
dell'architettura, parte dal rinnovamento dei sensi dello spazio e
della modalità di uso dello stesso, affinché l'immagine, la
composizione, la distribuzione e l'organizzazione degli interni
possano disegnare l'aspetto proprio di uno stile di vita adeguato ai
tempi.
Frank Lloyd Wright, prima con il Larkin
Building (1904-06) e poi con il Johnson Wax Headquarter (1936-39),
suggerisce, per limitarsi solo al caso di edifici per uffici, nuove
tipologie che nascono da idee di spazio innovative, fortemente
relazionate al modo di concepire il lavoro, nonché ad assetti
spaziali capaci di esprimere i principi su cui si fondano le
rispettive aziende.
L'architettura, lo spazio, gli arredi,
le suppellettili diventarono l'icona, l'immagine stessa delle
aziende, non solo attraverso i loro prodotti o servizi, ma grazie
alla manifestazione concreta dell'idea di lavoro su cui si basa il
loro sistema produttivo.
L'obiettivo è quello di costruire una
forma significante completa ed esaustiva che, nel contempo, possa
definire modalità di fruizione degli spazi e di svolgimento del
lavoro innovative, partendo da un interno disegnato intorno all'uomo.
Il progetto dettagliato degli arredi destinati allo svolgimento del
lavoro, il tipo di illuminazione naturale e artificiale, il colore e
il trattamento di finitura dei margini dello spazio, contribuiscono
alla costruzione, non solo di un luogo, ma di un modo di lavorare,
dove le aspirazioni dell'azienda e le necessità del singolo
impiegato trovano un punto di incontro che rompe con i criteri
distributivi tradizionali.
Col dopoguerra si inaugura una stagione
in cui gli edifici per uffici affermano una forte carica simbolica e
rappresentativa all'esterno – anche attraverso l'uso di trasparenze
e introspezioni misurate, materiali innovativi e forme ricercate –
e basati su una grande flessibilità dell'interno capace di assolvere
alle esigenze funzionali e distributive necessarie. Gli edifici
milanesi di Moretti, Magistretti, Gregotti, Ponti e Caccia Dominioni,
solo per fare alcuni esempi, danno forma all'idea di edificio non
residenziale lavorando sull'innovazione dei linguaggi e sulla
struttura degli spazi.
Spazi che resistono anche al successivo
mutare delle esigenze lavorative, adattandosi a concezioni di
organizzazione del lavoro diverse, giungendo fino all'idea di open
space dove i principi di svolgimento delle attività interne
vengono quasi totalmente demandate alla tipologia e al disegno degli
arredi specifici, posti in ampi spazi condivisi.
Lungo questa linea si sono evoluti gli
spazi degli uffici, adottando non solo le tecnologie
dell'architettura – illuminazione, climatizzazione, acustica – ma
soprattutto quelle degli strumenti con cui lavorare, adeguandosi cioè
a macchine o computer sempre più piccoli, a telefoni portatili, alla
scomparsa di stampanti, fax e scanner, come di cavi e connessioni
fisiche.
Tale rarefazione degli strumenti,
immaterialità dei documenti, intangibilità dei prodotti
intellettuali ha liberato da ogni vincolo materiale la postazione di
lavoro che è risultata sempre più libera e personalizzabile.
Al termine di questo percorso di
indeterminazione dei criteri di progettazione della spazio fisico
dove svolgere il proprio lavoro, l'architettura contemporanea ha
dovuto nuovamente ripensare i propri luoghi, facendo altresì i conti
con nuove prospettive di lavoro nate da esigenze e contingenze che
hanno messo in crisi i modelli precedenti. Il radicale mutamento
organizzativo, l'annullamento di gerarchie, unite alla flessibilità
e precarietà del lavoro e dei ruoli, ha portato al ripensamento
degli spazi fino ad arrivare all'attuale modalità di condivisione
(temporanea) dei luoghi come il co-working o il temporary
office.
Non è un caso quindi che le proposte
più innovative della contemporaneità sono arrivate dalle ricerche
condotte direttamente dalle aziende che maggiormente esprimono i temi
e i prodotti dell'attualità. Aziende che lavorano e operano nel
campo dell'informatica, dei servizi per internet, della progettazione
di software e hardware, come Google, Yahoo, Twitter,
Facebook, Apple o Microsoft, hanno ripensato totalmente la forma
degli uffici, producendo una riflessione sullo spazio e sulle
relazioni interpersonali, costruendo un nuovo modo di intendere il
lavoro e puntando su una innovazione degli interni e degli strumenti
di arredo.
Andando oltre la voluta informalità di
tali spazi e i linguaggi talvolta provocatori ed ironici, quello che
è maggiormente interessante è la proposizione di nuovi modi per
lavorare, senza confini o postazioni prestabilite, senza gerarchie e
fuori da ogni formalismo, basate principalmente sulle relazioni,
sulle azioni, sulle posture, sulle connessioni con l'esterno, sulla
condivisione o sulla privacy.
Quello che tali aziende promuovono,
basandosi sul principio della libertà creativa, che è alla base
delle loro filosofie produttive, è uno stile di vita in cui il
lavoro è coinvolgente, appassionato, emozionante e soprattutto
collaborativo, condiviso, partecipato. Le sedie non sono più sedie
ma oggetti su cui decidere come sedersi, i piani di lavoro scompaiono
facendo spazio ad appoggi a varie altezze e con diverse inclinazioni,
misure e fattezze, i contenitori per archiviare sono del tutto
assenti e gli strumenti di lavoro sono portatili e connessi. I luoghi
invitano alla concentrazione ovvero alla partecipazione, suggeriscono
riunioni più convenzionali oppure invitano informalmente al
confronto con altri. Il tempo di lavoro e il tempo libero si
mescolano, si sovrappongono, affinché ogni azione possa essere
sempre coinvolgente e rilassata.
Tale impostazione si sta diffondendo,
alla luce del fatto che il lavoro può essere svolto in qualsiasi
luogo – a casa, in viaggio – e in qualsiasi orario; i luoghi
deputati ufficialmente, gli uffici, si stanno predisponendo per
diventare ambienti aperti all'inventiva del singolo, strumenti da
usare e non somma monotona di postazioni che suggeriscono solo
comportamenti univoci. Gli stessi uffici pubblici, come le banche o
le poste, invitano alla partecipazione, riducono le barriere tra
impiegati e pubblico, costruiscono luoghi adatti alle più diverse
situazioni relazionali, dove anche l'attesa diviene un momento
creativo e informato.
In questo il progetto di architettura
può diventare nuovamente protagonista, senza più recinti
disciplinari tra il disegno degli interni e quello del contenitore
architettonico, tra la decorazione e la comunicazione, tra la
costruzione di un benessere fisico e quello psicologico.