cos'è architettura & co.

architettura & co. è stato pensato da paolo giardiello per mettere a disposizione di tutti, in particolare dei suoi studenti, i propri scritti, ricerche e riflessioni sull'architettura. il blog contiene testi pubblicati, versioni integrali di saggi poi ridotti per motivi editoriali, scritti inediti o anche solo riflessioni e spunti di ricerche. per questo non ha un ordine determinato, non segue un filo logico, ma rappresenta solo la sequenza temporale di occasioni in cui parlare di architettura, prima di farla "parlare", come invece dovrebbe, normalmente, essere.

22 giugno 2019

La sedia klismos



Gli architetti e gli artigiani che in Europa hanno prodotto mobili di ispirazione classica hanno guardato ai modelli del passato molte volte senza far alcun riferimento ad un particolare oggetto originale ma piuttosto unendo frammenti di arredi o anche di dettagli dell'architettura costruendo forme mai esistite. È il caso delle sfingi, dei sottili candelabri o dei tripodi che andranno a stimolare la fantasia degli artisti ora per la risoluzione di una gamba, ora di un bracciolo, ora solo per il decoro di una modanatura. All'inizio dell'esperienza del mobile neo-antico in Danimarca invece si fa esplicito riferimento ad alcuni mobili che si possono evincere dalle decorazioni, dai bassorilievi o da alcuni reperti in bronzo, avorio o marmo, che divengono veri e propri modelli formali. Tra le sedute la sedia klismos, tratta dai vasi e dalle pitture greche, diviene oggetto di studio e di revival in gran parte dell'Europa, così come la sella curile, simbolo del magistrato romano, presente in varie fogge in numerose decorazioni parietali e sculture di epoca romana. Ma la sedia klismos vive nella cultura danese, a differenza degli altri paesi, una esperienza del tutto originale. Riproposta tra i primi in Danimarca da Abildgaard dalla fine del Settecento, essa rappresenta con le sue forme eleganti e sinuose che non necessitano di particolari arricchimenti decorativi, una risposta polemica alle ridondanti sedute rococò. Essa sicuramente viene conosciuta attraverso il ridisegno delle decorazioni in rosso dei vasi greci ma non solo: già trasformata e reinterpretata appare in decorazioni parietali di Ercolano e in frammenti scultorei del mondo romano. Negli stessi anni l'eleganza di tale seduta aveva colpito anche pittori e scultori che la ritraggono in molte opere, come nel famoso dipinto di J. L. David del 1789, “I littori portano a Bruto le salme dei figli”, nel quale l'artista ne propone una versione molto spartana ma estremamente precisa, sulla quale pone proprio il protagonista della scena, Bruto. Le sue proporzioni variano da caso a caso, quello che rimane sicuro della sua conformazione è l'andamento curvo delle gambe, in particolare quelle posteriori disegnate in continuità con gli elementi che reggono la spalliera, e la spalliera stessa, estremamente piegata, molto sporgente in avanti ad avvolgere il corpo dell'utilizzatore. 
Evitando ora di percorrere tutte le variazioni intorno a tale modello che i vari artisti, in tempi diversi, propongono come reinterpretazione, va sottolineato - e questa è la particolarità principale - che la sedia klismos rimane costante come presenza nella storia del mobile danese, adeguandosi di volta in volta alle spinte degli stili e delle mode. “Il classicismo non lasciò mai la produzione del mobile danese, rimanendo nelle forme sempre vivo il fascino del mobile neo-antico [...]. Per molte ragioni, ma specialmente a causa di questa riluttanza a lasciare la stretta del classicismo, la versione danese dell'art noveau/jugendstil fu relativamente sommessa per quanto riguarda le linee curve a colpo di frusta. Stranamente infatti la sedia più comune in questo periodo sembra essere la versione danese tardo classica della sedia greca klismos”. Nel 1923/24 Edvard Thomsen costruisce, in pieno funzionalismo, una serie di oggetti di arredo chiaramente tratti dai mobili del Museo Thorvaldsen di Bindesboll. Egli progetta anche una sedia, figlia diretta della klismos, che è costruita ancora oggi in quanto può rappresentare, a tutti gli effetti, la versione danese della sedia Thonet, essendo predisposta per essere un prodotto industriale. La sedia klismos giunge perciò fino a noi, certamente modificata, ma integra nei suoi principi, diventando a tutti gli effetti la "sedia tipica" danese. “Così, tutto considerato, le basi per il funzionalismo danese, sia in architettura che nell'arredamento, vanno ritrovate nel classicismo [...]. Visto da fuori comunque le numerose sedie con bracciolo dallo schienale curvo che possono essere allineate in una fila una al fianco dell'altra, con alla base la Faabor chair di Klint la quale accenna alle origini classiche: sono manufatti caratteristici del recente design danese, che richiama in alcuni artisti coscientemente, in altri inconsapevolmente, associazioni con la sedia neo-antica, con la sedia klismos. I danesi amano sedersi in sedie imbottite, ma per la loro casa essi preferiscono la sedia con braccioli dallo schienale curvo, e molte di queste non sono infatti troppo comode. Ma, per la maggior parte della gente, un pezzo di arredo è molto di più di una macchina per sedere”.
Dal punto di vista del rapporto dialettico che sussiste tra forma e contenuto, tra ragioni funzionali e necessità narrative, la sedia klismos viene scelta dalla cultura danese per il suo supposto portato ideologico legato al mondo che originariamente l'ha prodotta ma viene riletta da disegni e pitture che sono già, a loro volta, una interpretazione del modello originale. Sin dall'inizio non risulta discriminante la verità della forma o la conformità precisa al modello antico, ma diviene essenziale l'ambito culturale che esso evoca. La sedia è quindi una interpretazione di una realtà già filtrata che allontana sempre più dall'esigenza filologica della ricostruzione pedante di tutti i passaggi linguistici. I singoli artisti lavorano con grande libertà ricercando affinità e suggestioni più che oggettivi punti fermi. Così l'oggetto sedia diviene veicolo di una ricerca, forma non più storicizzata di una volontà espressiva. Essa viene desunta nella sua essenza formale da minuscoli frammenti di pitture e, come per magia, trova una sua compostezza finale nelle diverse proposte che sono altresì una sintesi più complessa di esigenza strutturali, formali, decorative e funzionali. Varianti in oro con la seduta in paglia intrecciata estremamente "lievi" si confrontano con solidi esempi riccamente decorati dove i motivi pompeiani divengono curiosamente la memoria dell'origine della ricerca. Inoltre è indubbio che tale sedia trova una sua così ampia diffusione in Danimarca per il materiale, il legno, che la struttura e per le complicazioni tecnologiche insite nella forma "morbida" delle gambe. La tradizione artigiana e la cultura del materiale, sono il perno intorno al quale ruota la possibilità di permanenza nelle diverse epoche della sedia klismos. Essa diviene, come già detto, la risposta danese al movimento dell'Art Noveau proprio in quanto coniuga le possibilità ormai consolidate della tecnica (la piegatura del legno) e le attese formali del nuovo linguaggio (la linea curva) con una immagine ormai divenuta "consueta" nel paese. Così "comune" da inventare anche un modo di sedere del tutto particolare, condizionato dallo schienale avvolgente e dall'ingombro a terra delle gambe, che trova una imprevista diffusione tra tutti gli strati sociali. All'accettazione di tale uso della sedia contribuisce all'inizio l'aspetto "regale" legato ai primi modelli principeschi, intorno al quale, nel tempo, si stabilizzano valori come la robustezza, la durata, la solidità, che ne permettono la diffusione in esemplari accessibili a tutti. 
L'esempio della sedia klismos è quindi strumentale a sottolineare un atteggiamento libero e privo di pregiudizi che vede propositivo e costruttivo il rapporto tra la progettazione e lo studio degli esempi della storia solo se questa viene analizzata per valutare il rapporto tra forma e contenuto, tra espressione e significati escludendo ogni possibilità di trasposizione diretta della forma, di imitazione della storia. “La storia è la sostanza portante dell'architettura, ma non è il suo linguaggio. Pertanto l'architettura non può essere storicistica ma dovrà essere storicizzata”.

(estratto da: P. GiardielloLo spazio della decorazione: Gli stili pompeiani: analisi e interpretazione.Giannini, Napoli 1995)