cos'è architettura & co.

architettura & co. è stato pensato da paolo giardiello per mettere a disposizione di tutti, in particolare dei suoi studenti, i propri scritti, ricerche e riflessioni sull'architettura. il blog contiene testi pubblicati, versioni integrali di saggi poi ridotti per motivi editoriali, scritti inediti o anche solo riflessioni e spunti di ricerche. per questo non ha un ordine determinato, non segue un filo logico, ma rappresenta solo la sequenza temporale di occasioni in cui parlare di architettura, prima di farla "parlare", come invece dovrebbe, normalmente, essere.

14 novembre 2006

L’insegnamento tra arredamento e design: dizionario minimo sulle discipline dell’interno architettonico

La formazione in Italia
Con la riforma universitaria (D.M. 509/99), conosciuta semplicemente con la formula 3+2 che indica un iter di studi diviso in due livelli di titolo di laurea, sono proliferati negli atenei italiani percorsi formativi fortemente specialistici e indirizzati verso un preciso campo di ricerca o settore del mercato del lavoro. All’interno della frammentazione dell’universo delle Facoltà di Architettura hanno assunto un ruolo importante i corsi di laurea in design, volutamente distinti da quelli di architettura anche nella figura professionale che intendono e possono formare. Il “design” contemporaneo, infatti, che anche nella sua denominazione sembra voler prendere le distanze dalla tradizionale definizione di “disegno industriale”, pare assumere il profilo, più che di una disciplina progettuale, di un vero e proprio modo di concepire, interpretare e inventare la realtà. Il design, che nella sua originaria accezione anglosassone è traducibile in italiano semplicemente con il termine “progetto”, rappresenta oggi una pratica metaprogettuale capace di dare forma non solo a oggetti o manufatti, ma in fondo alla vita stessa, definendo l’aspetto e la modalità di comunicazione di ogni manifestazione del quotidiano, dalla grafica alla pubblicità, dalla moda alla tecnologia, dall’arte al look. Non solo, il design più avanzato non può più limitarsi a definire la forma della cose, ne studia la durata e il costo, la capacità di adattamento o di modificazione della vita dell’uomo, crea i bisogni e giustifica le necessità, determina il profilo degli utenti, gestisce e prevede il tempo di attaccamento e disaffezione.
Distinto è invece, per alcuni aspetti, l’approccio di alcune discipline presenti nei corsi di laurea di architettura che si raggruppano in un unico settore contenente vari insegnamenti, comunemente definiti della “piccola scala”, i cui principali sono arredamento, progetto dell’interno architettonico[1], progetto del prodotto di arredo, allestimento, museografia e scenografia. Materie eterogenee viste congiuntamente non per luogo di intervento o dimensione operativa quanto piuttosto per approccio metodologico al progetto e finalità dei risultati previsti in relazione alle aspettative dell’uomo.
I docenti di tale settore disciplinare (icar 16) della Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” hanno, a partire da quest’anno accademico, dato vita ad un nuovo corso di laurea triennale denominato Arredamento, Interno Architettonico e Design. Tale corso di laurea, nel raggruppare in un’unica titolazione sia il design che il progetto degli interni e delle sue attrezzature, si è voluto distinguere da quelli esclusivamente in design, rimarcando fortemente la non estraneità di tali discipline al più generale campo dell’architettura. In particolare il titolo di laurea che permette di conseguire è a tutti gli effetti una laurea (breve) in architettura, è quindi un percorso di studi teso a formare un architetto completo con competenze specifiche, in grado di affrontare il progetto di interni, di recupero del patrimonio architettonico esistente, il progetto del prodotto e dei complementi di arredo.
Chi insegna tali materie, ovvero compie ricerca in tale settore, non può non chiedersi quanto siano noti e condivisi i principi disciplinari, i contenuti culturali e gli obiettivi su cui questo genere di indirizzo si fonda. In fondo se, probabilmente, un giovane che s’iscrive alla facoltà di architettura pensa, mediamente, che il suo futuro sarà quello di “disegnare città” o quantomeno di “costruire edifici”, facendo le dovute proporzioni, non è errato supporre che coloro che optano per un corso di laurea in arredamento sperano di assolvere, alla fine del triennio, ad una funzione non molto dissimile da quella dell’arredatore vecchio stampo, ossia di un tecnico capace di “riempire” gli spazi vuoti lasciati dagli architetti.
Far comprendere il ruolo che può, e deve, rivestire l’architetto – e l’architetto di interni nello specifico - nella nostra società, è forse più complesso che insegnare a diventarlo. Sostenere la cattedra di un insegnamento semestrale, quale è diventato ad esempio Arredamento in quei pochi percorsi di laurea che ancora lo contemplano, significa porsi l’obiettivo minimo di suggerire almeno un determinato modo di guardare l’architettura, di intenderla cioè nella sua totalità misurandola alle aspettative dell’uomo, fuori da qualsiasi pregiudizio formale. Chi si avvicina al progetto inteso alla piccola scala non è del tutto consapevole che arredare non è la mera e naturale attività di disporre i mobili in un ambiente, che l’architettura degli interni non si interessa dell’interno dell’architettura, che il progetto del prodotto di arredo non è il design degli oggetti per la casa, e che l’allestimento e la museografia non sono sinonimi.
Proprio la consapevolezza della mancanza di chiarezza e obiettività su questi temi ha spinto a produrre, di seguito, una sorta di dizionario minimo, brevi definizioni tese a specificare gli intenti e le possibilità insite nelle principali materie componenti il settore disciplinare.
Le materie e l’articolazione didattica del nuovo corso di laurea triennale di Napoli, disegnano un corpus teorico e una metodologia progettuale che non vogliono essere “altro” dall’architettura, individuando un modo di intendere il progetto e di operare che pone l’uomo al centro di ogni definizione e il manufatto architettonico al suo servizio. Volutamente tale modo di operare e pensare prende le distanze da quelle ideologie astratte che invece professano l’architettura, ovvero il design, come una prassi le cui ragioni si esauriscono all’interno delle proprie regole e specificità. Il corso in Arredamento, Interno Architettonico e Design è organizzato con l’intenzione di rimarcare un profilo umanistico nella formazione degli studenti, dando ampio spazio, accanto alle materie progettuali, a discipline come la storia dell’arte, della filosofia, dell’arredamento e dell’architettura, e ad altre meno consuete nelle Facoltà di Architettura come filosofia, estetica, sociologia e psicologia. Le materie tecniche, inoltre, sono poste a servizio dell’intuizione progettuale e dello studio della realizzabilità del manufatto. L’architettura è infatti l’arte di costruire spazi per l’uomo, emozionandolo e la capacità di riuscire a coinvolgere la sfera emotiva dell’uomo resta il compito principale di chi intende praticare questo mestiere.

Dizionario minimo
Progetto dell’interno architettonico
Il progetto dell’interno architettonico intende dare forma e significato all’architettura nel suo complesso a partire dal suo interno. Secondo un'espressione usata dai primi docenti incaricati di insegnare tali discipline, l'architettura degli interni, come era una volta definita tale materia, rappresenta quel particolare momento della progettazione in cui, posto l'uomo come protagonista della fruizione dello spazio, si guarda l'architettura dall'interno, ovvero si definiscono con precisioni le connotazione materiche, dimensionali, formali e percettive degli ambienti, precisandone il loro uso e quindi la funzione deputata. Tale atteggiamento progettuale pertanto interviene e opera direttamente sul rapporto che si istaura tra il manufatto architettonico e il fruitore, rifuggendo assunti metodologici oggettivi, distanti dalle aspettative, dai desideri e dalle necessità dell’uomo. La centralità del fruitore sposta l’attenzione del progettista dalle cose al loro significato, dall’oggetto architettonico al senso che tali strutture e spazi esprimono e comunicano all’utente. Per questo, chi opera in tale settore disciplinare preferisce utilizzare il termine "interiorità" piuttosto che "internità". Con interno si vuole infatti definire un luogo, vedere una parte delimitata del tutto, trattare solo un determinato aspetto dell’architettura, interiore invece, oltre a sottendere tutto quanto è pertinente ad un ambito spazialmente circoscritto, si riferisce con maggiore chiarezza a ciò che lo individua idealmente, con diretto riferimento allo spirito e alla conoscenza del singolo individuo.

Decorazione
La decorazione in architettura non è accessoria ed è lo svelarsi, in forma costruita, dei sensi contenuti nell'opera, è cioè parte integrante del concretarsi dei significati primari dell'architettura e non può essere considerata superflua o aggiunta[2]. Essa rappresenta l'interpretazione formale data da un determinato contesto sociale alla funzione, attraverso l’ordine strutturale, la scelta dei materiali e la loro disposizione.
Decorare deriva dal termine latino decere: essere degno, conveniente, appropriato, e il decor è tutto ciò che avvalora queste qualità. Dal punto di vista etimologico i termini decorazione, decorare, decoroso, decoro, decente e degno sono associati al concetto di convenienza in cui è implicito un riferimento all'uso, alla funzione che deve svolgere il manufatto. La decorazione non ha solo lo scopo di ordinare, proporzionare, rappresentare lo spazio abitato, essa ha piuttosto il fine di renderlo riconoscibile, di riprodurre le suggestioni derivanti dalla cultura e dalla conoscenza del mondo. L'uomo proietta i suoi desideri e le sue aspettative sull'architettura, attendendo da questa una risposta che sia chiara e decodificabile. La decorazione è quindi il “superfluo necessario” ad arricchire il significato meramente funzionale dello spazio abitato, consentendo di tradurre in forma costruita i sensi stessi dell’architettura.

Arredamento
Arredare è rendere agevole l’uso dello spazio; dotare lo spazio di attrezzature, strumenti, utensili necessari allo svolgimento delle attività umane e al soddisfacimento dei bisogni. Bisogni che naturalmente non sono solo quelli primari, legati all’uso e alla risposta funzionale dei luoghi, ma che includono anche le necessità psicologiche, rappresentative e di identificazione con l’ambiente costruito. Secondo la definizione del vocabolario "arredo" significa "guarnimento, suppellettile" ed è proprio nella radice del termine “guarnire” che, se nella sua accezione di "guarnizione" c'è l'aspetto meno nobile di tale concetto - ornamento fatto con fiocchi, trine e fregi - nel senso di "guarnimento" invece contiene il principio di "fornire di cose necessarie, attrezzare".
Spazio e attrezzature sono quindi disponibili alla fruizione e il loro effetto va oltre il momento pratico del semplice appagamento di esigenze elementari in quanto l’arredamento determina una dimensione estetica del vivere quotidiano attraverso la forma stessa dell’abitare.

Progetto del prodotto di arredo
Il progetto del prodotto di arredo non è un settore del design industriale limitato al disegno degli oggetti che animano lo spazio interno dell’architettura. Per quanto il risultato concreto del design del mobile e del progetto del prodotto di arredo sia in qualche misura affine, la differenza è nei presupposti teorici e culturali. Se il design si interessa principalmente dell’oggetto di serie e da questo, dal materiale, dalla tecnologia, dalla strategia produttiva e di vendita, parte per dargli forma e carattere, il prodotto di arredo ha la sua ragion d’essere nel ruolo che esso dovrà istaurare con lo spazio a cui è destinato e con l’uomo che lo utilizzerà. Senza nulla perdere quindi dell’attenzione relativa al prodotto, il disegno delle componenti arredative propone sempre un concetto, un’interpretazione del senso che acquisterà lo spazio una volta che sarà dotato di quell’elemento oltre che del suo potenziale evocativo e narrativo che avrà nei confronti del fruitore. Il progetto del prodotto di arredo quindi si interessa soprattutto dell’effetto che produrrà nell’ambiente una volta che esso ne sarà dotato.

Allestimento
L’allestimento è, per sua natura, la risposta ad una domanda di comunicazione di un contenuto in maniera veloce e non duratura (comunicare deriva dal latino communicare, un verbo collegato alla parola communis , vale a dire comune; communicare indica pertanto l’azione di mettere in comune, rendere comune)[3]. Come campo progettuale esso si confronta con la velocità e l’innovazione dei mezzi offerti dalle tecnologie più avanzate proponendo un nuovo abito all’esigenza di informazione, comunicazione e divulgazione di contenuti. E’ certamente la prassi maggiormente compromessa con le sollecitazioni del mondo dell’arte e della multimedialità, ma è altresì quella che maggiormente necessita di non perdere il suo valore tradizionale, di costruire intorno all’evento esposto o al messaggio da comunicare un’emozione fruitiva complessa e completa, di costruire nello spazio e con lo spazio il luogo dove coinvolgere l’attenzione del fruitore.

Museografia
La museografia non è solo il progetto di un’esposizione permanente, è piuttosto un’operazione progettuale che, a partire dall’oggetto e dal suo modo di entrare in contatto con il fruitore, giunge a ridefinire il senso stesso del luogo e degli spazi in cui si colloca, spazi che, a loro volta, possono essere preesistenti o nascere insieme all’allestimento museografico. Secondo tale accezione progettare un museo o anche solo un allestimento museografico non solo significa concepire lo spazio dove sistemare ed esporre ma dare ad esso una forma significante ed un ruolo fondamentale nel processo di comunicazione e coinvolgimento dell’utente.
Il termine museo, utilizzato per indicare quell’edificio in cui sono raccolti e conservati oggetti e opere varie di interesse storico, artistico o scientifico, che vengono esposti al pubblico per scopi di studio e di cultura, nasce dal sostantivo greco mouseion, derivante da mousa, la dea ispiratrice dell'arte. In seguito tale termine viene usato per indicare una raccolta di antichità e opere d'arte, dove però i criteri di selezione e di ordinamento variano nel tempo dalla semplice collezione, dove gli oggetti sono raggruppati per l’effetto che possono produrre sul visitatore, fino alle concezioni dove la raccolta si pone come itinerario conoscitivo razionale impostato su criteri determinati[4]. Oggi, da luoghi per pochi studiosi, i musei diventano la testimonianza della cultura e della tradizione e pertanto si aprono ad un rapporto costante e attivo con i fruitori: non solo luogo dove apprendere ma sistema complesso di informazioni e dati con cui interagire.

ScenografiaLa scenografia non è un’arte, essa non crea un linguaggio autonomo, il sistema dei suoi segni infatti rimanda ad altro, ad altro sistema artistico – la letteratura, la poesia - che, viceversa, possiede un suo linguaggio autonomo. Una scenografia non ha infatti senso compiuto se non quando diviene il luogo dove una rappresentazione prende vita[5]. Eppure la scenografia, pur non possedendo un linguaggio autonomo capace di dare forma alla realtà oggettiva, definisce la sua essenza attraverso la collaborazione e l’intreccio di più arti – poesia, architettura, pittura, scultura – che concorrono a definirne la forma e la sostanza. Rispetto all’architettura essa si pone lo stesso fine, costruire uno spazio, spazio che sarà il luogo di azioni della vita dell’uomo. La differenza fondamentale è che se l’architettura tende alla costruzione di uno spazio reale, la scenografia invece si pone l’obiettivo di definire uno spazio illusorio. Lo spazio scenografico è infatti sia spazio reale in quanto luogo dove fisicamente gli attori possono recitare, sia rappresentazione dello spazio dove si svolgono gli eventi della narrazione. Di tale spazio rappresentato la scenografia ne riproduce i sensi dando forma concreta ai contenuti che si vogliono comunicare con la me
[1] “Progetto dell’interno architettonico” è la nuova terminologia con la quale si è inteso denominare quei corsi prima chiamati “architettura degli interni”. Tale puntualizzazione lessicale nasce dalla considerazione che “architettura degli interni” lascia supporre che esista, in parallelo, una architettura degli esterni dimenticando che l’architettura, come definizione, non può essere separata dal suo interno, senza il quale essa non può sussistere.
[2] Cfr. P. Giardiello, Lo spazio della decorazione, tesi di dottorato, Napoli, 1995
[3] Cfr. A. Bossi, Recuperare l’interno, sette tesi di laurea, Napoli, 2002
[4] Cfr. A. Bossi, op. cit.
[5] Cfr. C. Fiorillo, Skenographia, note di estetica sull’architettura della scena, Napoli, 1996