L'ambiente-cucina nel contesto
domestico, il luogo cioè destinato alla preparazione e conservazione
dei cibi, è uno degli spazi cosiddetti “tecnici” della casa.
Insieme al bagno, la cucina tradizionalmente ha richiesto particolari
dotazioni tecnologiche, strumenti e arredi specifici, indispensabili
allo svolgimento corretto della funzione deputata. Esso quindi è
stato investito, al pari di altri ambiti dello spazio domestico,
dallo sviluppo degli apparecchi e degli arredi che lo caratterizzano
che, negli ultimi anni, ha raggiunto livelli e traguardi impensabili.
Eppure l'evoluzione tecnologica degli
elettrodomestici, l'avvento del digitale, l'introduzione di materiali
e sistemi d'avanguardia, ha riguardato soprattutto le componenti che
interagiscono direttamente con l'uomo - i manufatti, gli utensili,
gli strumenti, i sistemi arredativi - ma poco ha influito sull'uso
dello spazio, sulla sua conformazione, sul suo significato.
Anzi l'organizzazione, la dimensione,
la morfologia e la distribuzione funzionale dell'ambiente cucina
segue un'evoluzione legata agli stili di vita, alle mutazioni della
società, al potere acquisitivo del bene-casa, alle mode, più che
alle variazioni stilistiche e tecniche degli strumenti in esso
contenuti.
Il XX secolo, in Italia, mostra
continui adeguamenti dell'uso della cucina nelle varie classi
sociali, in ambito urbano o rurale, a seconda delle generazioni e
delle dimensioni delle famiglie: luogo solo per preparare i cibi,
grande o piccolo fino a diventare un “angolo cottura” a vista
nella zona pranzo; luogo dove consumare i cibi in maniera conviviale,
da soli, ad ogni pasto o soltanto in alcuni momenti della giornata;
luogo complesso di vita della famiglia, composto da ambiti dove,
contemporaneamente, più componenti del nucleo familiare possono
svolgere diverse azioni.
Una breve storia dell'evoluzione dello
spazio della cucina può essere dedotta dai film che hanno raccontato
la società italiana dall'inizio dello scorso secolo fino ad oggi.
Quello che, per primo, può
esemplificare il rapporto tra i vari ambienti casalinghi, il loro
uso, e le trasformazioni negli anni, è Novecento di
Bernardo Bertolucci del 1976 che, nel raccontare la storia di due
fratelli nati nel 1901, mette in scena i luoghi di una generazione
che ha attraversato la prima metà del ventesimo secolo, dalle
origini rurali (sia dei proprietari che dei contadini) al
consolidamento della borghesia e del proletariato nel periodo
fascista, fino alla Liberazione. La cucina è mostrata come il luogo
per eccellenza della vita in campagna delle classi più umili, il
vero focolare della famiglia, origine e memoria delle radici comuni,
ed è contrapposta alle sale da pranzo dei proprietari terrieri che,
divenuti l'espressione della ricca borghesia del Ventennio Fascista,
mantengono le dovute distanze dai luoghi destinati solo alle persone
di servizio.
Ettore Scola, invece, con Una
giornata particolare del 1977,
racconta gli stessi anni della storia italiana - il film è
ambientato nel 6 maggio 1938, il giorno dell'arrivo di Hitler a Roma
- focalizzando l'attenzione su ceti diversi: sulla classe operaia e
sulla piccola borghesia. La casa dove si svolge il film, lasciando in
sottofondo il fluire della Storia, quella con la maiuscola, è una
delle abitazioni di Viale XXI Aprile a Roma, i cosiddetti
“Palazzi Federici” progettati da Mario De Renzi, un grande
complesso di case popolari costruito proprio negli anni trenta. La
cucina è uno degli ambienti centrali della rappresentazione dello
spazio domestico come della vita familiare e anche degli incontri
inattesi tra Sophia Loren e Marcello Mastroianni. Luogo dove
cucinare, eppure ampio e spazioso, dotato di un tavolo dal piano di
marmo di Carrara intorno al quale gli attori scrivono le loro storie,
svolgendo le attività previste, ed impreviste, della vita
quotidiana.
E' la rappresentazione di una cucina
che, nel suo ruolo domestico e nella conformazione, pur arricchendosi
nella sua dotazione tecnica, in fondo rimane uguale a sé stessa fino
agli anni del secondo dopoguerra, descritti abilmente in film come Un
americano a Roma, di Steno del 1958 o Una vita difficile
del 1961 di Dino Risi. La famosa scena di Alberto Sordi alle prese
con i “maccheroni” di Un americano a Roma si consuma in
una cucina, di una casa probabilmente a Trastevere, raccontando la
complessità, ma anche la forza, di una società caratterizzata dal
desiderio di riscatto economico e culturale, alla vigilia degli anni
'60.
Con
La Famiglia del 1987 Ettore
Scola entra in una casa borghese del rione romano di Prati,
raccontandone le permanenze e le
modificazioni in un arco di tempo che va dal 1906 al 1986,
enfatizzando ogni decennio con una vista del corridoio che unisce la
parte di servizio a quella di rappresentanza; così come Luchino
Visconti che, nel 1974 con Gruppo di Famiglia in un
Interno, descrive l'alta
borghesia degli anni '70 identificandola con le loro case, segnate
dalla cultura, ricche di opere d'arte, libri e collezioni - non a
caso il personaggio del professore interpretato da Burt
Lancaster è ispirato alla figura di Mario Praz - dove la cucina
resta sullo sfondo, come luogo di servizio, o comunque intimo e non
espressione pubblica dei legami familiari.
Gli anni '80 e '90 dell'Italia del dopo
“boom economico” sono rappresentati soprattutto dalla “commedia
all'italiana” che, pur se in maniera ironica e a volte grottesca,
mette in scena una società pigra, disincantata, modaiola, talvolta
volgare, e fondamentalmente alla ricerca di nuovi valori.
La casa del Rag. Fantozzi, nei film
diretti da Luciano Salce, prima, e Neri Parenti, poi, giusto per fare
un esempio, mostra crudamente l'uso di spazi domestici frutto di una
edilizia frettolosa e a volte aggressiva, dove la cucina viene ad
essere, non più solo un luogo di servizio, ma di nuovo un ambiente
dove consumare riti domestici: pranzare, cenare, riunirsi, discutere,
guardare la televisione.
Sono anni in cui si percepisce il
cambiamento, si sente la necessità di restituire “valore” agli
spazi della quotidianità svuotati di ogni contenuto simbolico ed
espressivo da una ignorante tipizzazione dei modi di vita, è anche
l'epoca in cui è pressante la richiesta di rinnovati legami sociali
capaci di sostanziare l'istituzione della famiglia.
L'architettura sperimenta nuove forme e
stili, utilizza materiali innovativi, a volte però perseguendo
obiettivi autonomi e autoreferenziali, slegati dalle effettive
esigenze della società.
La mini-casa descritta nel film di
Castellano e Pipolo del 1984, Il ragazzo di campagna, dove a
fronte di una tecnologia avanzata e una flessibilità pressoché
totale, il protagonista interpretato da Renato Pozzetto deve fare i
conti con la perdita assoluta dello spazio relazionale, mette in luce
gli eccessi di un pensiero architettonico a volte slegato dalle reali
esigenze e dai bisogni comuni.
Sono gli anni, infatti, in cui i mobili
per la cucina raggiungono livelli tecnici sofisticati, propongono
forme inconsuete, stili ridondanti o minimali, senza tuttavia
incidere in alcun modo sulla disposizione e organizzazione dello
spazio all'intorno, nel senso che, pur ad “isola”, “penisola”
o “in linea”, sia “rustica” che “high tech”, non riescono
a suggerire nuove condizioni aggregative per determinare lo spazio di
vita ad essa dedicato.
L'ostinata permanenza di certe
consuetudini, della media borghesia, di uso degli spazi della casa,
del rapporto tra zone di rappresentanza e private, tra spazi per gli
ospiti e per la famiglia, è messa in luce da Mario Monicelli in
Parenti serpenti del 1992,
riferito ad eventi di cronaca degli anni '80, che mostra un interno
di provincia - il film è girato a Sulmona - resistente al tempo e
alle innovazioni.
E' con il passaggio tra il vecchio e il
nuovo secolo, con film come quelli del regista Ferzan Özpetek - Le
fate ignoranti del 2001 e La finestra di fronte del 2003 -
che assistiamo alla rappresentazione di nuove organizzazioni di
luoghi domestici, caratterizzati tra l'altro anche dalla centralità
dello spazio della cucina. Ambiente elegante e ben arredato, anche se
semplice ed essenziale, in grado di essere luogo conviviale, di
accoglienza e di condivisione degli eventi della vita.
La cucina, dalla fine degli anni '90,
sia nelle classi più umili che in quelle più abbienti, torna ad
essere uno degli spazi fondamentali della casa, luogo destinato a
varie azioni, parte di una organizzazione policentrica e
multifunzionale, pensato, non solo per l'esigenza specifica del
cucinare, quanto come vertice di una rete di relazioni che descrivono
lo “stare in casa”.
Mentre la ricerca attuale sui mobili da
cucina e sugli elettrodomestici si rivolge sempre più ad una utenza
che apprezza il “cucinare” come una delle possibili espressioni
della propria cultura - basti vedere quanti cuochi siano oggi
diventati i veri maître à penser della
nostra società - che li richiede sempre più “connessi”, in
senso tecnico, non solo a quanto gli è pertinente ma a tutto ciò
che serve per spendere al meglio il proprio tempo, lo spazio della
cucina cerca la sua dimensione in divenire attraverso spazi comunque
flessibili, ibridi, relazionati alle altre parti della casa.
La cucina dei
prossimi anni non può che affermarsi ancora protagonista del “senso”
del domestico che l'uomo richiederà ai suoi spazi. Non si tratta di
individuare un nuovo stile o di rischiare tecnologie troppo
futuristiche, quanto di adoperare ciò che il mercato già propone
per conformare spazi fluidi e interattivi, coinvolgenti e
rappresentativi, funzionali e espressivi, attrattivi e attraenti,
insomma capaci di dare forma ai valori propri dell'arte di cucinare e
del piacere di mangiare.